Un referendum sui voucher?

Qui sta il bivio: cancellarli, magari inventandosi qualcos’altro? O riformarli, come intende fare il Governo e come sollecita la Cisl?

Un referendum sui voucher? È questo l’obiettivo raggiunto dalla Cgil e che la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile. Il sindacato chiede l’abolizione di questo strumento nato alcuni anni fa per poter pagare le piccole prestazioni lavorative, quelle che fino ad allora si saldavano soprattutto “in nero”. Furono proprio i sindacati a spingere per la sua introduzione, perché questo mini-assegno cambiabile in denaro incorpora in sé un po’ di contributi Inps (13%), Inail (7%) e insomma un profilo di assimilazione a tutte le altre retribuzioni.

Ma il tempo – e il carattere degli italiani – hanno trasformato l’uso in abuso. Se inizialmente venivano destinati per chi svolgeva mansioni saltuarie in campagna (vendemmia, ad esempio) o nel turismo (il cameriere del sabato sera), oggidì si sono trasformati anche in strumenti che favoriscono la precarietà e lo sfruttamento. Sono molto utilizzati in edilizia, nel commercio (le commesse retribuite a voucher), nei servizi in generale oltre che in agricoltura e turismo. Non si contano i casi di persone a cui viene offerta una retribuzione in voucher, aggirando leggi e contratti collettivi: prendere o lasciare.

Lo stesso numero dei voucher utilizzati fa pensare ad un uso distorto degli stessi. Se nel 2008 erano stati venduti poco più di mezzo milione di voucher, nel 2015 siamo arrivati a quota 115 milioni. E nell’anno appena trascorso dovrebbero aver superato quota 150 milioni. Considerato che il valore minimo di un voucher è di 10 euro, capirete bene che siamo già in territorio di abuso.

Però qui sta il bivio: cancellarli, magari inventandosi qualcos’altro? O riformarli, come intende fare il Governo e come sollecita l’altro grande sindacato nazionale, la Cisl? Vincoli e controlli più stringenti, limiti di utilizzo più bassi, platea di utilizzatori ristretta, insomma si recintano nella loro vera natura: strumenti di pagamento per prestazioni occasionali, per evitare l’evasione fiscale e contributiva. Che altrimenti avrebbe un nuovo via libera come prima.

La cronaca poi ci racconta di una Cgil fieramente schierata per la loro abolizione, ma anche forte utilizzatrice essa stessa (dati forniti dall’Inps) di voucher per pagare quei pensionati che tengono aperto le varie sedi sindacali sparse per l’Italia. Con il potente sindacato pensionati della Cgil stessa a dire: esistono, servono, li utilizziamo, che dovremmo fare? Ragionamento ineccepibile, anche se la contraddizione a monte appare pesantuccia.

Il referendum molto probabilmente non si farà, basterà una normativa legislativa modificante l’attuale situazione per mandarlo nel cassetto. Di buono, l’azione della Cgil ha portato a stimolare un cambiamento in senso inverso rispetto al recente Jobs Act, che aveva addirittura aumentato i limiti del loro utilizzo. Anche qui: idea valida nella teoria (concedere ancora meno spazio al nero); in pratica, significa dare ai furbi mani libere per le loro azioni. E in Italia i furbi sono più dei voucher.