Giovani di Ac pellegrini sulla tomba di don Milani

Viaggio a Barbiana per ripartire dal motto “I care”

Ci vogliono 45 minuti a piedi, immersi nel verde degli olivi toscani, per salire a Barbiana. Barbiana è un gruppetto di case sparse abbarbicate sul monte Giovi, ed è il “nulla” in cui fu spedito in esilio don Lorenzo Milani. Un nulla pacifico, silenzioso, dimenticato, che negli anni ‘50 raccoglieva 119 abitanti autoclassificatisi gli ultimi del mondo, poveri e quasi analfabeti. Eppure questo esilio, questo nulla, questo buco, don Milani lo trasformò nel centro del mondo. Per quelle 119 anime costruì una comunità attorno alla sua chiesa, basata su una fede solida e curiosa, sempre in ricerca.

Per i figli di quelle terre creò una scuola inclusiva, a 360 gradi, 365 giorni all’anno, 12 ore al giorno, che parlava e insegnava a tutti, che partiva dai banchi e dai libri per diventare scuola di vita e progetto per il futuro. Don Lorenzo Milani fu mandato qui per punizione, ma non si rassegnò mai alla sua condizione di esiliato. Per questo Barbiana è il centro del mondo: perché ancora oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, è modello di ispirazione (e a cui aspirare) per la crescita e lo sviluppo delle scuole e del sistema di istruzione in tutto il mondo.

“Dopo aver conosciuto don Milani durante le formazioni e i campi estivi 2017 -  spiegano i giovani dell’Equipe diocesana di Ac -, abbiamo quindi deciso di andare a conoscerlo “di persona” nei luoghi dove ha vissuto e da dove, con l’irruenza e la forza delle sue lettere spinose ma piene di verità, ha “urlato” al mondo il motto “I care”. I care vuol dire mi importa, mi interessa, qualcosa che a livello generale abbiamo perso un po’ tutti e che, prima come giovani e poi come animatori, vogliamo imprimere nella mente e nel cuore per i nostri ragazzi. Il 14 e 15 aprile scorsi ci siamo immersi nel sole e nel vento fresco delle colline toscane, abbiamo respirato quei luoghi più che visitarli, perché don Milani è molto più che le sue lettere, le foto storiche, le testimonianze dei suoi ragazzi. Diceva cose scomode, ma forse solo un santo può dire cose scomode e vere, lasciandone l’eco per gli anni a venire. Questo ci portiamo a casa. Semi da piantare. Per trasformare un buco nel centro del mondo, per trasformare la terra arida d’esilio in terra promessa, con la nostra vita, nella nostra vita”.