Il vescovo Cavallotto: “Ogni cristiano sia ‘in uscita’ una Chiesa chiusa in se stessa va verso la morte”

Domenica 30 marzo, nella chiesa parrocchiale di Cervere, si è svolta la celebrazione conclusiva della visita pastorale alle parrocchie appartenenti alla zona nord-est della diocesi di Fossano.

Domenica 30 marzo, nella chiesa parrocchiale di Cervere, si è svolta la celebrazione conclusiva della visita pastorale alle parrocchie appartenenti alla zona nord-est della diocesi di Fossano. Come aveva annunciato nella sua lettera pastorale del 15 ottobre 2011, il vescovo Giuseppe Cavallotto ha visitato le comunità diocesane all’insegna dello “scoprire, trovare, incontrare” declinati nel loro significato più ampio e profondo. L’oggetto è indicato dal titolo stesso della lettera: “La Chiesa che amo”. Nella sua brevità la frase riecheggia e sintetizza passato, presente e futuro. Una Chiesa vista dal Vescovo come una “lettera” composta da tutti i battezzati, ai quali è dato un dono particolare dello Spirito “per il bene comune” (Cor. 12,7). Mons. Cavallotto lo abbiamo atteso, lo abbiamo incontrato, lo abbiamo ascoltato e ci siamo sentiti da lui ascoltati, compresi, incoraggiati e spiritualmente nutriti.
Alla messa di chiusura, concelebrata nella chiesa cerverese, i numerosi presenti hanno vissuto momenti di intensa e serena spiritualità attraverso le preghiere, i canti, i silenzi. Liturgia solenne, ma resa sobria dall’atmosfera quaresimale e dal viola liturgico.
La presenza di uno stuolo di chierichetti (bimbi e bimbe non solo cerveresi) ha suggerito immagini e sensazioni diverse: dal fascino dell’innocenza alla speranza che le nostre chiese non saranno svuotate, alla certezza che “di generazione in generazione” il Signore sarà con noi, a “quant’è bella la vita” come ha espresso il Vescovo stesso osservandoli.
L’omelia di mons. Cavallotto ha indicato, per ogni comunità, tre prospettive:
1) orientarsi verso la luce. Commentando il Vangelo del giorno (Gv. 9,1-41) e riferendosi al battesimo dei primi tempi della Chiesa, ha affrontato il tema della luce e invitato a spostare il nostro sguardo dall’ombra della notte alla luce del giorno-Cristo pastore-guida-amico.
2) Ogni cristiano è sempre “in uscita” (tema caro anche a Papa Francesco). La Chiesa chiusa in se stessa va verso la morte. Non solo la Chiesa, ma ciascuno di noi deve essere in uscita, andare verso le persone, così come sono; ogni persona è una terra sacra benedetta da Dio (no al razzismo, alla condanna, al rifiuto).
3) L’operare per la nostra comunità sia radicato nella fraternità. La parrocchia deve essere vissuta come famiglia, non come istituzione (ancora un richiamo alle prime comunità dei quali membri si diceva “guardate come si amano”). La nostra deve essere “la Chiesa dell’abbraccio”. L ’omelia è terminata con questa ultima espressione, una parola carica di “fisicità”, insolita in questi contesti, assolutamente da padre, da papà e che richiama l’immagine del Buon Pastore descritto e raffigurato in tanti atteggiamenti di amorevole cura verso le sue pecore. Un’immagine tratta dal libro di Isaia si addice particolarmente a questa visita, laddove il Signore, come un pastore, guida e raduna il suo gregge, “porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri”. Una consolazione, una speranza, una certezza per chi fatica a camminare, in tutti i sensi. Non sarà lasciato indietro.
Come impegno concreto delle comunità visitate, il diacono Nino Mana ha annunciato che saranno istituite borse lavoro per i disoccupati e le loro famiglie. Il primo fondo sarà costituito dalle offerte raccolte nella messa di domenica scorsa, in seguito ogni parrocchia si organizzerà in proprio. Al termine della celebrazione, don Marco Tomatis, a nome di tutti, ha offerto al Vescovo una statua raffigurante Gesù Buon Pastore e un quadro con le nove chiese parrocchiali della zona, con i loro patroni e le loro figure significative.