Il saluto di Capello dopo 44 anni di impegno amministrativo

Dopo 44 anni di impegno amministrativo per la sua città, mercoledì 30 aprile Gianfranco Capello ha presieduto il suo ultimo Consiglio comunale, occasione per rivolgere a tutti un discorso di commiato e tracciare un breve bilancio sulla sua vita spesa tra i banchi del Consiglio.

Dopo 44 anni di impegno amministrativo per la sua città, mercoledì 30 aprile Gianfranco Capello ha presieduto il suo ultimo Consiglio comunale, occasione per rivolgere a tutti un discorso di commiato e tracciare un breve bilancio sulla sua vita spesa tra i banchi del Consiglio. Capello prese posto in Consiglio, sui banchi della minoranza, appena ventenne, il 7 giugno del 1970; il 2 aprile del 1995 è diventato sindaco per la prima volta, carica che ha ricoperto per 15 anni dal 1995 al 2004 e dal 2009 ad oggi. “Ormai faccio parte dell’arredamento” - ha ironizzato, aggiungendo con fierezza: “Ricordo che nel mio primo discorso come sindaco dissi: «Quando terminerò il mio mandato forse direte che sarò stato un sindaco incompetente, ma non potrete dire che sarò stato un sindaco disonesto». Dal 1995 i miei rimborsi, le spese di rappresentanza sono stati pari a zero. Non ho mai utilizzato l’auto del Comune per i miei spostamenti, non sono passate tangenti. Rifacendomi alle parole di Papa Francesco, posso dire a fine del mio mandato: Peccatore sì, corrotto no!”. Capello ha ricordato le opere realizzate in questi anni: via Roma, il viale, le piazze, i campi sportivi, la Finestra sul castello, gli impianti fotovoltaici... “Genola si diceva che fosse uno dei paesi più brutti della provincia, credo di poter dire con una punta di orgoglio di lasciarlo un po’ più bello”. Prima di concludere, ha ringraziato tutti, indistintamente, spendendo due parole in particolare per i volontari: “Persone che fanno cose incredibili permettendo di risparmiare un sacco di soldi alla comunità”. Le ultime parole le ha rivolte al prossimo sindaco: “Gli auguro che abbia la capacità di appendere dietro la scrivania - come ho fatto io nel mio studio di casa - la famosa massima di Catone: «Cun recte vivas, ne cures verba malorum - Arbitrii non est nostri quid quisque loquatur» (Se vivi onestamente non badare alle parole dei malvagi - Non è in nostro potere impedire che qualcuno dica qualche cosa”) che con la sua solita verve Capello ha tradotto in piemontese: “«I parole dij aso van nan en ciel». Perché chi fa il sindaco deve armarsi di tanta autoironia e pazienza”.