Otto minuti di energia pura, capace di contaminare una folla di 700 mila persone. Questi sono i Kachupa che abbiamo visto sul palco del 1° maggio a Roma. Gli stessi partiti da un garage di Bene Vagienna con un carretto multicolore, carico di strumenti improvvisati, alla conquista delle piazze, uniti dalla passione per la musica, dalla voglia di divertirsi, di stare insieme e insieme inseguire un sogno, il sogno della libertà.
Libertà dagli schemi convenzionali imposti dalle case discografiche, per una slow-music capace di esprimere nelle note, nel ritmo, nelle parole l’emozione che nasce da una creatività lenta, dall’ascolto dei ritmi della natura, dei popoli, delle culture, della tradizione. “Noi siamo così, tutti: il risultato di radici che si perdono nel tempo e nello spazio, ciò che siamo è il risultato della diversità - spiegano i ragazzi della band -.Vogliamo stare alla musica come lo Slow food al cibo. Vogliamo fare della musica uno strumento d’integrazione, promuovendo la salvaguardia delle diverstità musicali, ricercando le musiche popolari, lasciandoci contaminare dalla cultura Mediterranea a quella Balcanica, mettendoci un po’ di colore. Il colore dei Kachupa”.
La loro integrità, la purezza della ricerca, la capacità di fondere stili e suoni trovano la massima espressione nel brano “Siamo tutti africani”, scelto come inno per l’edizione 2014 di “Terra madre”, e presentato dallo stesso Carlo Petrini sul palco di piazza San Giovanni a Roma nel lanciare la campagna “10.000 orti in Africa”, di cui i Kachupa sono ambasciatori.
“Siamo tutti africani” - come ha detto lo stesso Petrini - è “l’inno contro il razzismo”, una canzone da imparare, bandiera della globalizzazione, figlia di relazione, integrazione e comunione. “Siamo tutti africani - spiegano - ci dice che ognuno di noi è diverso, meravigliosamente unico. Siamo liberi di guardare nel profondo e amare, quando ci troviamo al centro del mondo, al centro di una danza che sa di Africa, Mediterraneo e Balcani e ci rende tutti migranti, viaggiatori e sognatori”.
Inno scritto e interpretato con passione dai sette componenti della band - Lidiya Koycheva, Davide Borra, Alberto Santoru, Mattia Floris, Angelo Dalmasso, Corrado Vergano e Federico Aschero - ormai entrato nelle case di migliaia di italiani, cantato dai giovani, ballato nelle piazze. Perché la carica di quel 1° maggio trasmessa dalla forza di Lidya e dai ritmi della band, dopo aver emozionato, fatto ballare e cantare la folla di Roma, oggi viene trasmessa in radio, è cliccatissima su Youtube e sulla rete.
Dopo il pubblico di piazza San Giovanni a Roma, Fossano avrà l’onore di poter danzare con i Kachupa su queste meravigliose e ipnotiche note. Appuntamento, quindi, a sabato 31 maggio alle 21 sotto la tettoia di piazza Dompè nell’ambito della festa di borgo Sant’Antonio.
I Kachupa a Fossano dopo il successo romano del 1° maggio
Ambasciatori di Slow food con “Siamo tutti africani”, inno di “Terra madre”