profondamente la vita e la struttura delle comunità in diocesi. I Consigli pastorali e presbiterali di Fossano e Cuneo lo hanno approvato nell’ultima seduta - che si è svolta martedì della scorsa settimana nel capoluogo - ratificando così la proposta a cui ha lavorato nei mesi scorsi una commissione interdiocesana. Sotto il profilo della riorganizzazione territoriale non si tratta di una novità per la nostra diocesi visto che già nel 1998, subito dopo il Sinodo, vennero create sulla carta le cosiddette Unità pastorali, cioè aggregazioni di parrocchie su un territorio omogeneo. Sono trascorsi quindici anni e un po’ di lavoro insieme è stato fatto. Ora questa riorganizzazione delle istituzioni ecclesiali è divenuta inevitabile, anche alla luce dell’invecchiamento dei preti, della forte diminuzione delle vocazioni sacerdotali e, soprattutto, di una Chiesa che intende valorizzare la corresponsabilità dei laici. Il tutto inserito in una trasformazione epocale che negli ultimi quarant’anni ha visto i cristiani diventare progressivamente minoranza nella società italiana.
I criteri
Prima di illustrare la proposta sia il vescovo Giuseppe Cavallotto sia il vicario Derio Olivero hanno tracciato il senso di questa “rivoluzione”. Il primo criterio è che la riorganizzazione non basta: “Non è sufficiente accorpare le parrocchie o togliere delle messe - ha detto il vicario -, ma occorre puntare a creare qualcosa di nuovo per dire e suscitare la fede oggi, provare a immaginare i tratti del volto futuro della Chiesa con il coraggio di sognare”. Obiettivo ambizioso e difficile, ma inevitabile, altrimenti il rischio è di tracciare alcune linee sulla carta geografica che generano solo scontento e non portano a nulla. Tutto ciò presuppone un “nuovo stile di Chiesa che ha la missione come orizzonte e la corresponsabilità come modalità di agire” ha sottolineato il vescovo. “Corresponsabilità - ha aggiunto don Derio - significa che una parrocchia sta su o cade se chi la abita la tiene su o la lascia cadere; significa anche istituire nuove ministerialità, cioè persone capaci di farsi carico di compiti specifici (rettori, massari)”.
Il contesto è quello di una Chiesa di minoranza che è chiamata ad uscire dal recinto mentale rassicurante del “si è sempre fatto così” per andare a visitare le tante periferie che caratterizzano la vita delle persone. Dunque comunità aperte, ospitali, benedicenti... capaci di investire sulle relazioni (più che sull’organizzazione pastorale), senza le quali si rischia lo sfaldamento del tessuto ecclesiale.
Il calo dei praticanti (che oggi sono in media circa il 20% della popolazione) impone sicuramente di ripensare il numero delle messe, ma anche di inventare iniziative specifiche per i non credenti, i non praticanti, i diversamente credenti... Perché uno dei tratti specifici del Cristianesimo italiano è la sua popolarità, cioè accessibile a tutti, legato all’ordinarietà della vita, alle relazioni di vicinato, a usi, costumi e tradizioni del luogo...
La proposta
La proposta è quella di creare delle Comunità o Unità pastorali (rispettivamente Cp o Up), cioè un insieme di parrocchie di diversa grandezza, con un unico centro pastorale (o, per eccezione, due centri), che lavorano con un unico progetto, ma rispettando una pluralità e salvaguardando l’originalità delle varie comunità. La Cp sarà guidata da un gruppo di responsabili, presieduta da un sacerdote, con all’interno una pluralità di ministeri. È dunque importante ipotizzare i centri pastorali attorno a cui creare le Cp o Up e, di conseguenza, “ridisegnare a poco a poco il volto delle piccole comunità (e delle grandi), a prescindere dal numero dei preti”.
La proposta per Fossano ricalca sostanzialmente le Up già individuate nel 1998 . “Ma il problema serio - ha insistito il vicario generale - non è tracciare i confini delle Cp o Up, ma come arrivarci”, cioè quali azioni mettere in atto nei prossimi anni. Alcuni passaggi sono inevitabili. Tra questi:
1) Individuare dei responsabili pastorali nei settori in cui si esprime la vita della Chiesa (liturgia, catechesi, carità, ecc.) per le varie parrocchie, organizzare il loro lavoro in modo unitario attorno ad un unico progetto che metta in conto anche un cammino di formazione.
2) Creare (in ogni parrocchia) qualcosa di proprio, di specifico, legato alla tradizione storica, alla festa patronale, alla situazione sociale… Ad es. attività legate alla spiritualità del patrono o ad una particolare categoria di persone (giovani, anziani, lavoratori…) o ancora a tematiche moderne (ecologia, arte, sport, educazione…) o alla cura dell’interiorità (silenzio, preghiera, paure, affetti…). “In una parola ogni Cp dovrebbe avere una pluralità di comunità - ha detto don Derio -, una ‘comunità di comunità’ che non siano fotocopie, ma diversificate, multiformi. Le attività specifiche dovrebbero marcare ‘l’identità’ delle piccole comunità e come tali dovrebbero coinvolgere l’intero paese, mettendo insieme le varie forze (fedeli, pro-loco, gruppi vari, amministrazione…)”.
3) Ridefinire i compiti degli Uffici diocesani, chiamati a tenere i rapporti con i responsabili di settore e con i progetti elaborati dalle Cp, offrendo formazione, sostegno, coordinamento...
4) Stabilire cosa fa il Centro pastorale (la/le parrocchia/e capofila) e cosa fanno le varie parrocchie che ad essa fanno riferimento; soprattutto le più piccole che hanno meno di 300 abitanti: ipotizzando che tra qualche anno in queste ultime non ci saranno più né la messa né il catechismo, quale progetto elaborare? Come salvaguardarne l’identità? Verranno “declassate” a rettorie?
Si parte!
Da questo momento in avanti si apre la fase più delicata. Che passa inevitabilmente attraverso la presentazione, la discussione e la condivisione della proposta fin qui esposta nei consigli pastorali delle Up e delle singole parrocchie. “Il coinvolgimento della base è necessario. A conclusione - auspica il vescovo - dovrebbe essere redatto un documento sintetico, che indichi le varie tappe da percorrere con gradualità e flessibilità, valorizzando quanto è già stato realizzato insieme in questi anni nelle varie unità/zone pastorali”. L’orizzonte temporale per realizzare questo progetto è di 4-5 anni, consci però che un cambiamento così profondo richiederà molto più tempo. Ma intanto si parte.
Diocesi di Fossano - Unità e Centri pastorali
Parrocchie (in nero i Centri pastorali) e abitanti
1) Villafalletto
(Termine, Gerbola, Monsola, Vottignasco, Tetti Roccia) 3.595
2) Centallo (Roata Chiusani, San Biagio, Mellea) 7.148
3) Maddalene (Piovani, San Vittore, Gerbo) 1.289
Murazzo (San Sebastiano) 1.465
4) Genola (Levaldigi, Sant’Anonio Baligio) 3.787
Cervere (Grinzano, Montarossa, San Lorenzo) 2.348
5) Salmour (Sant’Antonino, Loreto) 1.300
Città: unica Unità pastorale, con quattro Centri pastorali
6) Sant’Antonio (San Bernardo, San Martino) 7.099
7) Cattedrale (San Filippo) 3.596
8) Salice 6.003
9) Spirito Santo (Boschetti, S. Lucia, Tagliata) 4.166
Cussanio: Santuario diocesano 351
Totale Diocesi di Fossano 42.147