Torino cerca un posto fra le metropoli del futuro

L'arcivescovo Cesare Nosiglia ha promosso la riflessione sul ''nuovo modello di sviluppo''. La piattaforma ecclesiale in tre punti: un nuovo welfare che sia radicato non nell'assistenza ma in un diverso progetto sociale; più occupazione, per ''ringiovanire'' il tessuto economico e sociale; un grande investimento nell'istruzione e nella formazione. In autunno le conclusioni del percorso

La crisi di Torino ha le radici nell’”abbandono” della Fiat: un distacco cominciato più di 30 anni fa, con quel lunghissimo sciopero che si concluse nella marcia dei 40mila quadri, nell’ottobre 1980. Da allora si sa che bisogna “cambiare modello”: ma il percorso è tutt’altro che semplice. Anche per questo l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha voluto avviare una riflessione profonda, sganciata dall’emergenza immediata, per individuare le caratteristiche di quel “nuovo modello di sviluppo” con cui rilanciare il territorio torinese. È un percorso battezzato “agorà del sociale”, per indicare il terreno in cui muoversi e la volontà di essere aperti all’ascolto di ogni contributo.

La convocazione dei gruppi ecclesiali. L’Agorà è partita all’inizio del 2014 con una grande convocazione dei gruppi ecclesiali, invitati a mettere insieme riflessioni, esperienze, ipotesi di lavoro sulle emergenze di Torino. È seguito, ai primi di giugno, l’incontro con esponenti della società civile e delle istituzioni. Al santuario della Consolata si sono ritrovati, con mons. Nosiglia, due ex ministri torinesi (Profumo e Fornero: nel governo attuale non vi sono altri ministri subalpini), i vertici del Comune di Torino e della Regione Piemonte, esponenti sindacali, amministratori di società pubbliche, imprenditori. Con loro l’arcivescovo ha condiviso le indicazioni emerse dalla “piattaforma” elaborata dai gruppi ecclesiali, e che si sintetizza in tre indicazioni fondamentali: serve un nuovo welfare che sia però radicato non nell’assistenza e tanto meno nella risposta alle emergenze ma in un diverso progetto sociale. Serve più occupazione, per “ringiovanire” il tessuto economico e sociale dell’area torinese; e serve dunque, a monte e prima di tutto, un grande investimento nel settore fondamentale, quello dell’istruzione e della formazione.

Una piattaforma per la città. Queste tre indicazioni, emerse con grande chiarezza dalla piattaforma dei gruppi ecclesiali, servono ora alla riflessione della società civile, e porteranno a un documento finale che verrà presentato alla città in autunno. La “ricetta magica” della formazione appare davvero come il motore di un possibile diverso sviluppo. Perché formazione significa istruzione di base ma anche aggiornamento permanente per chi il lavoro ce l’ha o deve mettersi nelle condizioni di cercarlo; e formazione significa anche ricerca, investimento concreto in quella “città della conoscenza” che si profila sempre più nettamente come la dimensione del futuro. Per un’area come quella torinese si tratta di “esserci” o “non esserci”, nel gruppo delle circa 400 metropoli che, nel mondo globale, saranno i poli di riferimento per le attività formative e tecnologiche. Le caratteristiche di fondo ci sono: a Torino, anche senza le fabbriche Fiat, rimangono importanti centri produttivi (a cominciare da Powertrain e dalle stesse nuove produzioni Fiat), ma soprattutto c’è un patrimonio di centri di ricerca e formazione universitaria di assoluta eccellenza.

Ripartire dai giovani. L’Agorà è, insieme, un metodo di lavoro, e una ricerca di contenuti. Il metodo riflette la consapevolezza e la volontà della Chiesa torinese di mettersi interamente a servizio della società non solo con le opere assistenziali ma anche attraverso contributi originali di riflessione e di progetto. I contenuti proposti nella piattaforma ecclesiale (che andranno poi integrati con quelli della società civile) sono orientati, intorno ai tre “pilastri” fondamentali, a valorizzare le risorse attuali del territorio partendo dalla realtà assolutamente prioritaria: il dramma dei giovani. La disoccupazione giovanile sfiora cifre da capogiro nell’area torinese, pur in un contesto demografico tra i più “vecchi” d’Italia. È dai giovani, quindi, che l’arcivescovo vorrebbe ripartire, offrendo opportunità di lavoro ma anche una diversa “cultura della città”, ancora tutta da inventare.

La modernizzazione dell’area urbana. Dalla riflessione su giovani e lavoro discendono poi gli altri impegni: portare a termine una modernizzazione dell’area urbana che la renda realmente competitiva con gli altri territori con caratteristiche simili (Ginevra e Lione, Marsiglia o Monaco di Baviera). Si tratta di migliorare i collegamenti (alta velocità ferroviaria) e l’intera rete delle infrastrutture del territorio (banda larga, centri d’incontro, ecc.). Senza dimenticare che il “patrimonio” vero, la risorsa essenziale rimane il capitale umano.