Diritto societario, a Bene il padre della riforma

Bene banca accoglie Michele Vietti a palazzo dei Nobili - dibattito sull'effetto delle norme introdotte nel 2003

Una lezione di Diritto tenuta da esperti noti a livello nazionale. Lo scorso venerdì, Bene banca ha invitato a palazzo dei Nobili - edificio che utilizza abitualmente come sede di eventi culturali - il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura Michele Vietti, con Francesco Donato, presidente del Tribunale di Asti, e Maurizio Irrera, professore di Diritto commerciale dell’Università del Piemonte orientale. I relatori hanno presentato “La governarce nelle società di capitali. A dieci anni dalla riforma”, libro curato dallo stesso Vietti, il “padre” della riforma cui allude il titolo.

Primo incontro post commissariamento
Ha aperto l’incontro Pier Vittorio Vietti, presidente di Bene banca, che ha ripercorso la storia recente dell’istituto, sottoposto ad Amministrazione straordinaria per decisione della Banca d’Italia e tornato a quella ordinaria solo di recente. “Vogliamo ringraziare i soci, i clienti e i dipendenti che hanno continuato a credere in Bene banca durante il commissariamento - ha detto -. Questo è il primo convegno organizzato dopo l’insediamento della nuova Amministrazione ordinaria”.
Claudio Ambrogio, sindaco di Bene Vagienna, ha sottolineato la necessità di avere “una giustizia più rapida ed efficace”. “Le Amministrazioni comunali - ha aggiunto - si impegnano per continuare a garantire i servizi ai cittadini: serve una sinergia tra i piccoli enti e le istituzioni”.

Il libro, dieci anni dalla riforma Vietti

I temi affrontati durante il dibattito da Michele Vietti, Francesco Donato e Maurizio Irrera sono quelli che si possono trovare nel volume “La governance nelle società di capitali. A dieci anni dalla riforma”, raccolta di interventi curata dallo stesso Vietti. Quella a cui allude il titolo è la “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e delle società cooperative” del 2003, che è nota appunto come “Riforma Vietti”. Con essa sono state rinnovate le norme che riguardano le figure degli amministratori e le loro funzioni e responsabilità, i sistemi di amministrazione monistico e dualistico, i controlli societari, la composizione degli organi e l’attività di monitoraggio svolta dal Consiglio di amministrazione, la separazione delle funzioni di controllo sulla gestione da quelle di controllo contabile.

“Nuove opportunità per le cooperative”

“Dobbiamo chiederci - ha esordito Michele Vietti - se la riforma ha vinto la nostra scommessa in termini di flessibilità e adattabilità”, ovvero se è stata capace di rispondere alle esigenze della realtà che si è definita in questi ultimi dieci anni. “Dobbiamo ricordare - ha aggiunto - che la riforma è stata concepita negli anni Novanta”, un contesto diverso nel quale si riscontravano “la fine delle ideologie, il trionfo del capitalismo e un grande entusiamo per il mercato globale”. Ciò che è successo dopo il 1989, anno della caduta del muro di Berlino, ha mutato peraltro anche il modo di concepire l’economia: “Le regole non sono più per noi una sovrastruttura come credeva Marx, ma uno strumento che può orientare l’assetto produttivo nel sistema globale”, ha spiegato il relatore. La recente crisi economica ha intaccato la fede nel modello economico americano, senza che in Italia se ne patisse un trauma troppo grande, perché - ha ricordato Vietti - “siamo mercatisti sì, ma mercatisti prudenti”, nella consapevolezza che “la mano libera del mercato funziona, ma non si può affidare tutto ad essa”. “Dalla crisi - ha continuato - si esce con regole nuove e flessibili. Quelle introdotte dalla riforma meritano ancora uno spazio di sperimentazione: fatta una riforma, serve del tempo perché il mercato possa metabolizzarla”. Un aspetto della riforma che Vietti ha trattato in modo più approfondito è quello che riguarda la cooperazione, “anch’essa un’impresa, ma con caratteristiche peculiari”. “Ad essa - ha affermato - la riforma ha offerto grandi opportunità”.
Francesco Donato ha ribadito a sua volta la “centralità dell’economia privata”, sottolineando che dagli anni Novanta il panorama è cambiato, essendo incominciata una fase di liberalizzazione a causa della quale “chi non regge la competitività non sta nel mercato”.
Maurizio Irrera ha tracciato un parallelo tra la riforma del diritto societario introdotta nel 2003 e quella precedente che risale al 1942. “Entrambe non sono così figlie dell’epoca in cui sono nate”, ha detto: in altre parole, i due interventi hanno saputo conservare una certa indipendenza dal contesto politico in cui venivano prodotti, il che “assicura longevità” (non a caso, la riforma del ‘42 è di fatto sopravvissuta per sessant’anni). L’attuale riforma è inoltre “ricca di filoni nascosti”, cioè di opportunità che possono ancora emergere; da mettere in discussione è, invece, “l’entusiamo forse eccessivo” che negli anni Novanta si nutriva verso “la capacità del mercato di autoregolarsi”.