Si può scommettere così tanto sul vangelo, al punto da farne modello totalitario della vita personale e delle proprie relazioni sociali, sullo stile delle prime comunità cristiane? Questa è la sfida che gli abitanti di un villaggio non lontano da Grosseto (ed un’altra parte più piccola a Roma), Nomadelfia, lanciano prima di tutto a se stessi, vivendo giorno per giorno quella “legge di fraternità” (da cui il loro nome) che hanno adottato come stile di vita. Per testimoniarla, quindi, a tutti coloro che, in modi diversi, vengono a conoscerli.
Per esempio attraverso le “Serate” che organizzano di volta in volta in questa o quella parte di Italia; momenti di musica, danze etniche, esecuzioni acrobatiche, ma non solo. Anche testimonianze e riflessioni. Momenti di apostolato, dunque, portati avanti dai giovani della comunità, definiti dal loro fondatore, don Zeno Saltini (1900-1981), come coloro che “portano avanti il vangelo della danza”. Saranno a Fossano, in piazza Castello, sabato 26 e domenica 27 luglio alle 21,30 (le serate fossanesi sono organizzate con il patrocinio del Comune e il contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Fossano). Le “Serate di Nomadelfia” sono un modo originale e coinvolgente con cui Nomadelfia si fa conoscere attraverso danze e figurazioni acrobatiche eseguite dai suoi giovani, un video che ne descrive la vita e la storia e un messaggio di fraternità proposto dal vivo. Un messaggio di gioia, di speranza, di fraternità. Proprio come dice il termine Nomadelfia (dal greco “legge di fraternità”).
Su La Fedeltà del 23 luglio potete leggere un’ampia intervista ad alcuni membri della comunità, ospiti in questi giorni presso l’Istituto salesiano.