Continuano i raid aerei israeliani sul cielo di Gaza dove si combatte ormai dall’8 luglio. Nella notte tra lunedì e martedì almeno 26 palestinesi sono stati uccisi, tra loro anche nove donne e quattro bambini, e oltre 50 sono rimasti feriti, secondo fonti mediche locali. Il bilancio complessivo dei morti palestinesi sale ad almeno 1.113 vittime. Cinquantatré, fino ad ora, i militari israeliani morti, tre invece i civili uccisi dal lancio di razzi di Hamas. Lanci che continuano su Tel Aviv, Ashdod (sud) e Rishon LeZion. Nelle ultime ore sono state oltre 20mila le persone che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni per timore di bombardamenti ingrossando le fila degli sfollati gazawi, arrivati a oltre 200mila, su una popolazione di 1,8 milioni. Tra i circa 150 obiettivi colpiti dai jet israeliani, anche la casa del numero due di Hamas, Ismail Haniyeh. Ad aggravare le condizioni della popolazione anche lo stop dell’unica centrale elettrica della Striscia di Gaza funzionante, colpita dall’aviazione israeliana. L’impianto, che aveva già subito un raid, funzionava al 20% del suo rendimento, fornendo solo un paio d’ore di energia ai residenti di Gaza, ora rimasti senza luce. I bombardamenti hanno preso di mira le zone di Izet Abed Rabbo (vicino al campo profughi di Jabalya) e Zaitun (a est di Gaza).
Parrocchia colpita. Ed è proprio a Zaitun che martedì mattina 29 luglio, verso le ore 10.30, aerei israeliani hanno colpito e distrutto la casa delle Suore del Verbo incarnato, situata all’interno del “compound” della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia. “I danni sono ingenti e riguardano anche i locali della scuola attigua”, racconta don Mario Cornioli, sacerdote del patriarcato latino di Gerusalemme, riportando parole del parroco di Gaza, padre Jorge Hernandez. “La chiesa e la casa parrocchiale sono state risparmiate - aggiunge il sacerdote - anche se le vetrate sono andate in frantumi. Non si registrano feriti. Dentro la parrocchia si trovano circa 50 persone, il parroco, 29 bambini disabili, 9 donne anziane e le suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta, rimaste al fianco di queste persone, impossibilitate a lasciare la struttura”. Un bombardamento in qualche modo atteso, visto che dalla serata di ieri (28 luglio) l’esercito israeliano aveva avvertito, via sms, i residenti del quartiere intimando loro di abbandonare le abitazioni. “Purtroppo per coloro che vivono in parrocchia non è stato possibile fuggire - spiega don Cornioli - per loro l’unico ricovero è rappresentato dalla parrocchia”. “Abbiamo passato una notte difficile, ma siamo qui. Questa guerra assurda”, sono parole di padre Hernandez, “continua a andare avanti. Dopo aver distrutto il quartiere di Shujayeh, ora prendono di mira quello di Zaitun. I miliziani di Hamas continuano a lanciare missili e poi si nascondono nei vicoli. E noi non possiamo fare assolutamente niente. Non possiamo evacuare, con i bambini è impossibile. Le loro famiglie vivono qui intorno. E può essere più pericoloso uscire che rimanere qui. Cerchiamo di stare nei luoghi più sicuri”. “Stiamo bene - dicono le suore Missionarie della Carità raggiunte al telefono dal Sir - continuiamo ad assistere le persone più anziane che sono con noi e i nostri bambini che soffrono tutti di ritardo mentale. Per motivi di sicurezza ci siamo spostati tutti al piano terra. Quando le bombe hanno colpito, eravamo nella chiesa”. Al momento la piccola comunità di suore, a Gaza sono in quattro, i loro assistiti e il parroco non lamentano particolari problemi legati a cibo, acqua e medicine. “Durante la tregua di 12 ore di qualche giorno fa abbiamo potuto fare un po’ di scorte - raccontano le religiose - il problema è l’energia elettrica che arriva solo per poche ore. Dal giorno in cui è scoppiato il conflitto le persone anziane che sono con noi non fanno altro che aspettare che tutto finisca. I nostri bambini, invece, a causa della loro disabilità non si rendono conto di cosa stia accadendo. Ora si trovano tutti in un’unica stanza ma osservano i loro compagni non disabili, che invece sono terrorizzati da razzi, missili e boati. Noi siamo con loro giorno e notte e questo in qualche modo li tranquillizza. La nostra presenza per loro è sufficiente a farli stare sereni. In questo frangente non possiamo fare altro che pregare e sperare che tutto finisca presto”.
Missione compiuta? E mentre le bombe continuano a mietere vittime - Save the Children ha denunciato che 1 palestinese su 4 ucciso nel conflitto è un bambino - la diplomazia segna ancora il passo. Si cerca di mediare una nuova tregua e un accordo complessivo ma fino ad oggi senza esito. Uno spiraglio potrebbe venire dalle dichiarazioni di un’alta fonte militare israeliana secondo la quale “gli obiettivi militari assegnati sono stati raggiunti. Ora spetta alla politica decidere se continuare”. Martedì 29 luglio, in serata, è prevista una nuova riunione di Gabinetto israeliano. Dal Cairo, infine, arriva la notizia che una delegazione di Hamas, Jihad islamica e Autorità palestinese starebbe cercando, con la mediazione egiziana, un accordo su una bozza di tregua. Fermare razzi e missili resta la priorità assoluta.