“Siamo qui per ricordare quanti persero tutto”

Trinità ha commemorato i settant’anni dall’incendio che fu appiccato dai nazisti: bruciarono 95 case

Il fuoco è oblio, è ciò che distrugge irrimediabilmente come nella Geenna biblica. Proprio per questo, quando un paese è dato alle fiamme, bisogna ricordare con più forza, contendere al nulla la memoria di quanto è successo. Lo scorso mercoledì, Trinità ha commemorato i 70 anni dal rogo del 23 luglio 1944, quando i tedeschi saccheggiarono e incendiarono la città per vendicare la morte di un militare, che aveva perso la vita il giorno precedente durante uno scontro con i partigiani. Ha aperto la cerimonia, nei locali della biblioteca comunale, il sindaco Ernesta Zucco, ricordando l’origine dell’appellativo di “Brusatà”, che Trinità portà con sé dal XVI secolo, quando fu bruciata per ben tre volte, durante gli scontri tra i Francesi e i Savoia. Le fiamme tornarono a consumare il paese a quattro secoli di distanza, in quel 23 luglio 1944 quando ben 95 case furono distrutte dalle fiamme: nel 2009 Trinità ha ottenuto la medaglia d’argento al valore civile per questo episodio e per altri che ha subito durante l’invasione tedesca. Nella serata di mercoledì, uno di questi episodi è stato ricordato da un anziano di Carmagnola, Piero Pettiti. Nel ‘44 Pettiti - allora sedicenne - lavorava a Trinità: il 14 luglio fu preso, con quattordici residenti, dai tedeschi, che vollero così rispondere alla cattura di due soldati da parte dei partigiani. Il giovane fu schiaffeggiato dal graduato che comandava il gruppo di tedeschi; poi, con gli altri prigionieri, fu condotto in un cascinale nei pressi di Saluzzo. I quindici temevano di essere fucilati, ma non andò così: i due tedeschi rapiti furono liberati, e la libertà fu quindi restituita anche a Pettiti e agli altri prigionieri. “Quando tornammo a Trinità, anch’io fui abbracciato dagli abitanti come gli altri che erano stati liberati con me - ha raccontato Pettiti -. Una donna mi disse di tornare a Trinità, che più nessuno mi avrebbe schiaffeggiato”. Come Pettiti, era giovane anche Franco Centro, che anzi aveva solo 14 anni quando fu ucciso dai nazifascisti. Sempre nella serata di mercoledì, è stata ricordata, dalla voce di Silvia Odasso, della commissione Cultura di Trinità, la breve vita di questa staffetta partigiana che, quando fu catturata, non rivelò nulla sui suoi compagni: condannato a morte, Centro chiese soltanto che dal suo cadavere non fosse prelevata la stella garibaldina, simbolo della sua fede politica. Con Pettiti e Odasso si sono alternati al microfono i giovani dell’“Estate ragazzi” trinitese, che hanno letto alcuni pensieri da loro elaborati sull’incendio della città (fra i più significativi c’è quello di Luca Crapanzano, che recita: “Vorrei che quanti avevano perso tutto vedessero che siamo tutti qui per ricordarli”). La consigliera comunale Sismia Spertino ha invece letto un testo di Ernesto Zucco sulle memorie del padre Piero che, arruolato durante la Seconda guerra mondiale, denuncia come in tutti i contesti bellici si compiano violenze di cui è vittima la popolazione civile; dello stesso Piero è stata recitata la poesia “Got mit uns”, dedicata all’incendio di Trinità. Non solo ricordi scritti ha lasciato la Resistenza, ma anche canzoni, come la famosissima “Fischia il vento”, che nella biblioteca trinitese è stata interpretata dal coro alpino Ivo Tosatti. Accompagnati dalla fisarmonica di Vanni Viglietti, gli alpini hanno intonato altri brani celebri dell’epoca, come quel “Lili Marleen” che, pur essendo tanto odiato da Hitler perché antimilitarista, varcò i confini tedeschi e si diffuse su tutti i fronti.L’incontro è terminato con un piccolo buffet durante il quale è stato servito pane nero, cibo “umile” che vuole ricordare la miseria in cui si trovarono i trinitesi dopo il rogo.

Servizio completo su La Fedeltà di mercoledì 30 luglio