Iraq: “Bisogna fermare le milizie dell’Isil il prima possibile”

L'appello di monsignor Emil Shimoun Nona, arcivescovo di Mosul. Interviene anche il Nunzio Apostolico Giorgio Lingua (fossanese) che invita a "togliere le armi ai jihadisti". E intanto sono iniziati i primi raid mirati dell'aviazione Usa contro i miliziani del Califfato

“Quello che doveva essere un ‘safe haven’, un’enclave protetta per i cristiani sta diventando il nostro inferno…”. Monsignor Emil Shimoun Nona, arcivescovo di Mosul, non usa mezzi termini per raccontare al Sir le ore drammatiche che stanno vivendo oltre 100mila cristiani che nella notte tra il 6 e 7 agosto sono stati cacciati dai villaggi della piana di Ninive dove avevano trovato rifugio dopo la conquista di Mosul da parte dei miliziani dell’Isil di Abu Bakr al-Baghdadi. Costretti alla fuga di notte, scalzi, senza il tempo di prendere un minimo di effetti personali, decine di migliaia di famiglie hanno cominciato una “Via Crucis”, come l’ha definita il patriarca caldeo di Baghdad, Mar Louis Raphael Sako, che li ha portati verso zone (per ora) più tranquille del Kurdistan, Erbil, e altre città. Un esodo di cristiani di enormi proporzioni che non pochi problemi sta causando sul piano umanitario. Una situazione che Papa Francesco segue da vicino, come testimoniato dalla sua decisione di nominare il cardinale Fernando Filoni, già Nunzio apostolico in Iraq ed oggi prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, come “suo inviato personale” per esprimere “vicinanza spirituale alle popolazioni che soffrono e portare loro la solidarietà della Chiesa”.

Nella Piana di Ninive non c’è più nessun cristiano e nemmeno iracheni di altre minoranze ed etnie”, è la drammatica testimonianza dell’arcivescovo di Mosul. “Sono andati tutti via, verso il Kurdistan, verso Erbil - racconta al telefono da Ankawa, quartiere cristiano di Erbil, con una voce stanca - la situazione è tragica. Circa 100mila cristiani in fuga stanno trovando in queste ore alloggi e ripari di fortuna nelle chiese, nelle scuole, nei giardini, sui marciapiedi delle strade. Non sappiamo cosa fare per alleviare le loro sofferenze. Cerchiamo, per quel che si può, di portare cibo, acqua, medicinali. Ma i numeri sono terribili. Basti pensare che nella sola Qaraqosh vi erano almeno 20mila cristiani”.

Dagli Usa arriva la notizia di aiuti paracadutati ai civili in fuga... “Ben vengano acqua, medicine, vestiti, kit sanitari e cibo ma ci sono anche altre urgenze e la prima è quella di fermare queste milizie. Se non saranno bloccate sarà dura anche per il Kurdistan. Sono jihadisti ben addestrati, più numerosi dei peshmerga, ben equipaggiati e pronti a tutto. Bisogna fermarli il prima possibile”.

Anche il Nunzio apostolico in Iraq Giorgio Lingua, fossanese, afferma in un’intervista a Radio vaticana (ripresa da Domenico Agasso su Vaticaninsider) che occorre togliere le armi ai jihadisti e si chiede anche chi le fornisce loro.

Ricordiamo che i vescovi italiani hanno indetto per il 15 agosto una giornata di preghiera nazionale. Nel messaggio dal titolo “Noi non possiamo tacere” i vescovi invitano a pregare affinché gli oppressori desistano, ma anche perché i fratelli e lo sorelle che soffrono, a motivo della loro fedeltà a Cristo, siano sostenuti con la grazia di Cristo.