Non è bastata la pioggia intensa e il fango a fermare le migliaia di giovani che sin dalle prime ore del mattino si sono mossi per raggiungere la fortezza di Haemi, nata nel 1417-1421 per essere roccaforte coreana contro gli attacchi dei pirati giapponesi e diventata più tardi, tra il 1790 e il 1880, il centro delle persecuzioni e torture per almeno 3mila cattolici della regione del Chungchong. È in questo luogo simbolo di martirio per la comunità cristiana coreana che domenica 17 agosto si è celebrata la Messa finale della VI edizione della Giornata della gioventù asiatica che si è svolta a Dajeon (Corea del Sud) con 6.000 giovani partecipanti in rappresentanza di 23 Paesi del Continente asiatico. Con loro anche 30mila fedeli accorsi per salutare il Papa argentino al suo terzo viaggio internazionale dopo Brasile e Terra Santa.
Dotata di un perimetro murario di oltre due chilometri, la roccaforte aveva al suo interno due prigioni dove i cristiani venivano rinchiusi per essere torturati. A ricordare i supplizi cui venivano sottoposti vi è ancora l’albero originale ai cui rami i cristiani venivano appesi per i capelli e lasciati penzolare. Una volta slegati venivano portati su un enorme masso di pietra dove il loro cranio veniva sbattuto con forza. Migliaia di militari si occupavano di questo massacro sistematico. Oggi, i militari non ci sono più. Al loro posto decine di migliaia di discendenti dei torturati e dei martiri, il frutto giovane germogliato dal loro sangue versato “in odium fidei”. Un’invasione pacifica e gioiosa che ha spinto Papa Francesco a salutare tutti questi giovani come “eredi di una grande testimonianza, di una preziosa confessione di fede in Cristo. I martiri della Corea, e altri in tutta l’Asia, hanno consegnato i propri corpi ai persecutori; a noi invece hanno consegnato una testimonianza perenne del fatto che la luce di Cristo scaccia ogni tenebra”.
* inviato Sir in Corea