Se in Italia i laureati chiedono di friggere gli hamburger

Le statistiche dicono che l’Europa – e l’Italia in particolare – sia impantanata in una disoccupazione di massa. Ma attenzione alle statistiche...

Nel ricco Nordest capita che, per 20 posti di friggitori di hamburger, si presentino in 1.200, per portare a casa sui 600 euro al mese. L’apertura di una filiale Ikea porta solitamente con sé 200 posti di lavoro e 20mila domande di assunzione, provenienti da ogni dove. Anche qui le retribuzioni non sono certo stellari…

Tutto questo per discutere di cosa sia il lavoro nel 2014. Le statistiche dicono che l’Europa – e l’Italia in particolare – sia impantanata in una disoccupazione di massa: almeno un cittadino su dieci è a spasso, percentuale che si aggrava se si considerano i giovani. Mentre negli Usa e in quell’America europea che è la Germania, il tasso di disoccupazione è giusto la metà di quello medio europeo.

Tutto bene lì, dunque? Attenzione alle statistiche, già Trilussa aveva smascherato col suo mezzo pollo a testa come sia veramente la situazione: milioni di posti di lavoro in Germania e soprattutto negli Usa sono tali statisticamente, ma è difficile definirli tali quando corrispondono a retribuzioni medie di 500 euro e di altrettanti dollari. E non lo diciamo noi, ma quella Janet Yellen che guida la Federal Reserve, che insomma ha in mano le sorti del dollaro e degli Stati Uniti.

Yellen infatti si è detta preoccupata dalla qualità dei nuovi posti di lavoro nati negli Usa in questi ultimi anni: “marginali”, a basso reddito, che ci sono oggi ma altrettanto rapidamente possono sparire domani. Questa non è buona occupazione, ma il trasferimento di condizioni “cinesi” in Occidente, perché è evidente che nessuno in Occidente può mantenersi con 500 euro o dollari al mese.

Purtroppo in Italia manca questo tipo di lavori, e diciamo “purtroppo” in base a due considerazioni: meglio poco che niente, anzitutto; poi in realtà queste sotto-occupazioni esistono e sono assai fiorenti (infatti le statistiche sul lavoro in Italia sono false come quelle sui redditi): sono però tutte in “nero”. Il lavoretto in giardino, la mano di tinta sui muri, la raccolta di frutta, il facchinaggio, il cameriere stagionale e il lavapiatti serale, la colf e la badante, certi lavori nell’informatica…

Si dirà: sono soldi anche quelli, è reddito che entra in tasca, in casa. Però non ci sono contributi pensionistici (e domani?), né imposte a favore della collettività. Una perdita secca per se stessi e per lo Stato, cosa che non accade in Germania od oltreoceano.

Rimane il fatto che in tutto l’Occidente, America compresa, sta venendo meno la buona occupazione, quella che consente ad una persona di garantirsi un’esistenza dignitosa. L’allarme è stato lanciato pure in Francia dal primo ministro Manuel Valls, laddove negli ultimi anni è stato soprattutto lo Stato a mantenere – sotto varie forme – la situazione occupazione sotto i livelli d’emergenza. Ma non ci sono più soldi pubblici, qui come a Parigi: il vero problema dei nostri governi è pertanto quello di favorire nuove occasioni di lavoro.

Nel frattempo andranno rivisti i percorsi di studio (il governo Renzi lo sta facendo in questi giorni, speriamo con intelligenza): perché constatare che a fare la fila per un posto di friggitori di polpette ci siano centinaia di laureati, qualche dubbio sul valore di certe lauree e sulla loro astrazione rispetto al mondo del lavoro viene spontaneo e immediato.