Germana

Testimoni del Risorto 10.09.2014

Innamorarsi a 17 anni è normale; un po’ meno, magari, se colui del quale ci si innamora è vissuto più di tre secoli prima. Eppure, a Germana, capita proprio così. Nel 1931, per il suo diciassettesimo compleanno, mamma le regala una biografia di Camillo de Lellis, con il quale condivide la data di nascita, il 25 maggio. Ed è amore a prima vista. Germana, cagliaritana di nascita trapiantata a Milano, è rimasta orfana di mamma a 17 mesi. Buon per lei che la seconda moglie di papà le fa da mamma, premurosa e dolcissima, coltivando la sua tenerezza e la sua religiosità. Il tenore di vita della famiglia è piuttosto elevato, ma lei non riesce ad adattarsi alla vita mondana che papà le propone, anche perchè dall’età di nove anni coltiva il sogno di lavorare in mezzo ai lebbrosi. Dopo che San Camillo è entrato nella sua vita, le sembra naturale, realizzare la sua vocazione tra le Religiose Camilliane di Roma: entra in noviziato nel 1935, ma vi esce dopo appena due mesi, folgorata da un’idea: “dar vita a un movimento di laiche consacrate, che nel mondo assistano i malati nello spirito di San Camillo, che penetrino in ogni ambiente, anche il più miserabile, e preparino la via al sacerdote, a Cristo”. Non un tradimento dell’ideale camilliano, dunque, piuttosto il tentativo di tradurlo nelle mutate esigenze dell’epoca in cui lei vive. Si tratta di un’alternativa all’ospedalizzazione, nell’ottica di mantenere l’anziano o il malato il più possibile a casa sua, circondato dagli affetti familiari. Il motto camilliano “Ovunque si soffre e si muore!” resterebbe per lei inalterato, anche se non vissuto nelle corsie di un ospedale. Più facile a dirsi che a farsi, l’idea di Germana trova da subito, a cominciare dagli stessi vertici dei Camilliani, un sacco di consensi, almeno in quantità pari alle difficoltà. Perché dar concretezza alla “consacrazione nel mondo” nel 1936 significa precorrere i tempi, anticipare cioè quanto Pio XII sancirà solo nel 1947, con la costituzione “Provida Mater Ecclesia”. Germana ha l’audacia del profeta e l’umiltà del santo: con pazienza e tenacia ritorna nel “mondo”, riprende gli studi e consegue la laurea, naturalmente con una tesi su San Camillo. Si cerca anche un lavoro nel mondo della scuola, dove per 40 anni insegnerà materie letterarie. Pur lacerata dal dubbio di aver compiuto la scelta giusta uscendo dalle Camilliane, con l’incognita del futuro per quanto riguarda il suo progetto, raduna attorno a sé una “famiglietta” di amiche, unite soltanto dall’identica passione di portare Gesù a chi vive il calvario della malattia e della solitudine. Come d’obbligo,sono legate dal segreto, si riuniscono quasi in clandestinità, ma intanto la “famiglietta” cresce, come tutte le cose di Dio che prosperano da sole, checché ne pensino gli uomini. Germana non incontra opposizioni, anzi riscuote l’incoraggiamento perfino di Pio XII, che la consiglia e l’indirizza a chi potrà aiutarla. Piuttosto deve esercitarsi nella pazienza e nell’umiltà, che nel 1948 producono i loro frutti: nascono ufficialmente le Missionarie degl’Infermi “Cristo Speranza”. Perché è proprio la speranza, il carisma specifico del nuovo istituto secolare: “Solo in Cristo c’è la Speranza d’un amore che abbracci tutto il mondo”, dice Germana. E alle amiche che condividono il suo ideale continua ad insegnare: “La nostra appartenenza alla Chiesa è stimolo a comunicare fede e speranza al mondo”. Le “Missionarie” si spargono per il mondo: dopo le fondazione in Francia e Belgio, si esce dall’Europa e ci si apre all’America Latina, all’Asia e all’Africa; accanto ad esse, poi, si fanno strada gli “Associati”: le Collaboratrici,le Comunità Familiari e, più recentemente, anche gli Ausiliari. L’amore di Germana per San Camillo si traduce in numerosi testi che scrive per diffonderne la spiritualità, fino allo sforzo degli ultimi suoi anni, quando già la malattia avanza, di tradurre in lingua corrente gli scritti del santo per renderli accessibili a tutti. L’umiltà le consiglia anche di mettersi da parte a tempo debito, pur continuando a collaborare attivamente alla vita dell’Istituto e assumendo anche un ruolo importante come consultore della Congregazione per la Vita Consacrata. Un’artrite reumatoide la sigilla pian piano nella completa immobilità, facendole provare anche la tentazione dell’aridità spirituale e del buio interiore. Incontra definitivamente Gesù il 4 ottobre 1995 e quattro anni fa il Vescovo di Verona ha promulgato l’Editto di apertura del processo per la sua canonizzazione.