Il matrimonio… un viaggio in mare aperto

La Lettera pastorale di mons. Giuseppe Cavallotto per il biennio pastorale 2014-2016: "Promessa e speranza. Lettera alle famiglie e alle comunità cristiane. Orientamenti e proposte"

“Famiglia si diventa” è l’ultima lettera pastorale scritta dal vescovo delle diocesi di Cuneo e Fossano, Giuseppe Cavallotto, datata 12 settembre. Una lettera che esce già in prospettiva del prossimo Sinodo speciale dei vescovi sulla famiglia, rivolgendosi innanzitutto alle “coppie segnate dal lutto, da un’ineluttabile malattia, da gravi difficoltà economiche, dalla separazione sempre dolorosa”. Sono quelle che citerà a più riprese nel testo, oltre alle comunità (in quanto “famiglia di famiglie”), “i presbiteri e i diaconi, persone consacrate e quanti hanno a cuore la famiglia”. Quindi rivolge ancora il suo saluto e il suo interesse pastorale “alle coppie di innamorati... di giovani genitori... alle coppie sterili... ai nonni, alle coppie di sposi avanti negli anni che si cercano e sognano ancora”. Un vescovo che si presenta con un cuore di autentico pastore, che ben conosce ed ha a cuore i problemi inerenti le mura domestiche, dalla perdita del lavoro alle relazioni non sempre facili con i figli, al dramma della droga. Per tutti ha parole di “comprensione, affetto ed incoraggiamento”.

Il testo (64 pagine facilmente leggibili per linguaggio semplice, immediato e pieno di riferimenti a vissuti reali) riporta alcuni sottotitoli che introducono la specificità dell’argomento; “Promessa e speranza. Lettera alle famiglie e alle comunità cristiane. Orientamenti e proposte. Biennio pastorale 2014-2016”. L’introduzione, intitolata “La famiglia, una bellezza fragile”, solleva un’antitesi di fondo, davanti a cui il lettore potrà chiedersi: la famiglia è (ancora) bellezza e, se tale, (come) può essere fragile la bellezza nel contesto domestico? Può esserlo per quei tratti essenziali e qualificanti, non essenzialmente o solo negativi, che il vescovo tiene comunque a far emergere, sapendo che “numerosi sono ancora coloro che credono sia possibile volersi bene e costruire un legame stabile e fecondo”. Si snodano quindi tre capitoli che ne approfondiscono le caratteristiche dal punto di vista pastorale: “Famiglia, promessa e dono del Signore”, “Scommettere sulla famiglia”, e “Incominciare dalla famiglia”. Infine le conclusioni ed un’appendice, in termini di augurio e di preghiera.

Il vescovo elenca subito alcune sfide che minano la stabilità familiare, per affermare che “c’è un bisogno di famiglia” in tutti; da chi si sposa civilmente a chi convive, o da chi, omosessuale, “manifesta a suo modo” questo tipo di bisogno. “La famiglia resta un sogno che abita gli uomini del nostro tempo” ma, in quanto vescovo, la sua è “una proposta di modello delineato dalla Scrittura e dalla tradizione cristiana”, fondato “sul matrimonio tra un uomo e una donna, esperienza di vita e di fecondità”.

Essere genitori nel vincolo indissolubile del matrimonio cristiano

Nel primo capitolo, il vescovo, partendo dalla lettura della Genesi, sottolinea la diversità dei due esseri nella coppia, in quanto persone “distinte, uniche e originali”. E ribadisce che “il loro legame è indissolubile”, nel disegno di Dio, contro le passioni da cui Gesù aveva già messo in guardia, denunciando “la durezza dei cuori”. È vero che nell’Antico testamento “in casi particolari era permesso il divorzio”, ma non era lecito prendere come propria la moglie altrui (il profeta Natan rimproverò Davide per aver preso con sé Betsabea e Giovanni Battista fu duro con Erode che aveva preso la moglie del fratello). Dunque “l’indissolubilità del vincolo matrimoniale è confermata dal sacramento” stesso e “risponde alla natura dell’unione” sponsale, di un “amore totale ed eterno”. Di conseguenza il vescovo esorta a dedicarsi al coniuge, invita alla procreazione dei figli, ringraziando chi ha ancora il coraggio di generarli, nonostante “la scarsa attenzione della politica per la famiglia, l’incertezza economica e, talvolta, la difficoltà abitativa”. Tuttavia la capacità genitoriale non si ferma ai figli naturali, ma anche a quelli “per adozione o affido”, o ad altre forme di aiuto come “il sostegno a famiglie con disabili, alla vicinanza a separati e divorziati, a chi è in difficoltà economica, alla condivisione di un cammino spirituale con altre famiglie, al volontariato”. “E testimonianze di questo genere di coppie”, afferma, “ce ne sono”.

Passaggio da convivenza a matrimonio: da esperimento a scelta definitiva di stare insieme

Nel secondo capitolo si aprono le scommesse di una promessa duratura, quindi si parla sia del fidanzamento, come tempo per capire se si è fatti l’uno per l’altro, sia della convivenza, “tempo di amore e di condivisione”. Anche se né l’uno né l’altro hanno la stessa valenza del matrimonio, in cui “da esperimento si passa ad esperienza: non più prova, ma scelta definitiva di stare insieme”. Si segnalano alcuni rischi; quello di non voler tralasciare la professione, amici e relazioni, di non saper comunicare con “la parola, che è dialogo, discussione, confronto di idee”. E anche le incomprensioni e contrasti, laddove nascono, dovrebbero essere “occasione per rilanciare la comunione tra gli sposi”. Non esclude, tuttavia, che alcune ferite insanabili abbiano anche “come sbocco la separazione, unico rimedio per una sufficiente serenità per sé e per i figli”. Con la conseguenza, però, di perpetuare rancori ed odio all’infinito, se non subentra il perdono cristiano. Quindi mette in guardia “dall’isolamento familiare, richiudendosi solo sui propri affetti, problemi e progetti”, e suggerisce l’ospitalità come antidoto, oppure la dimensione spirituale-religiosa, come tratto distintivo del battesimo richiesto per i propri figli. E, citando S. Agostino, scrive che “i genitori dovrebbero essere come il vescovo nella diocesi; maestri, guide, testimoni della fede”.

Proposte operative di pastorale familiare

Nel terzo e ultimo capitolo, dopo aver invitato la Chiesa a recuperare un’attenzione sociale e morale verso temi come “il lavoro, l’accompagnamento ai separati e divorziati, l’aborto, o l’identità sessuale”, suggerisce indicazioni pastorali per il prossimo biennio. Innanzitutto la formazione all’affettività “attraverso cammini di educazione all’amore e alla sessualità, per bambini, ragazzi e giovani”, prendendo in considerazione “la totalità della persona”. Quindi l’offerta di percorsi verso il matrimonio, magari “non escludendo la celebrazione comunitaria di uno o più” nella stessa funzione, “per aprire la strada ad una maggiore sobrietà”. Inoltre vorrebbe dare un ulteriore impulso alla pastorale pre e post battesimale, che è già stata pensata in tre fasi; di accompagnamento dei genitori al sacramento, di formazione cristiana dei bambini dai 0 ai 3 anni e dai 4 ai 6. Successivamente un maggiore coinvolgimento dei genitori nella catechesi dei figli, ed un accompagnamento delle giovani coppie, che tenda ad ascoltarle e valorizzarle una per una. Naturalmente non manca la volontà di un ulteriore potenziamento dell’accoglienza ai separati, divorziati e risposati, “che sono e restano figli di Dio” e constata che “molti restano ai margini della Chiesa”. Per cui auspica che “questa trovi presto un’amorevole soluzione alla loro esclusione dai sacramenti dell’eucarestia e della riconciliazione”, e che, oltre alle iniziative diocesane già esistenti, le parrocchie attuino “modalità concrete di accoglienza per un loro inserimento nella vita della comunità”. Rifiutare il battesimo ai figli, afferma risolutamente il vescovo, “magari perché i genitori sono conviventi, non è conforme alle norme della Chiesa e non risponde allo spirito del Vangelo”. Infine alcuni rituali o istituzioni possono essere rinnovati e rilanciati “anche da coppie disponibili e preparate”, come per esempio la benedizione delle famiglie nelle case, le missioni popolari e la costituzione di una commissione famiglia che collabori con Caritas e San Vincenzo, per incontrare, conoscere, esortare e sostenere chi è in difficoltà.

In conclusione, vengono ripresi i temi affrontati nella lettera (l’ospitalità, la fedeltà, il sostegno) perché alimentino “speranza di vita nelle nostre comunità”. Si tratterà dunque di vedere, al lato pratico, come verranno applicati questi suggerimenti pastorali. Per ora non resta che iniziare a lavorare, o, per dirla con il vescovo, a navigare con le barche (metaforiche) di cui scrive in appendice; barche che sono arenate al porto, altre in mare aperto, altre ancora inghiottite dalla burrasca, o quelle che invece tagliano l’orizzonte per poi ritornare al porto, o, infine, quelle che, staccandosi dal gruppo, faticano a tornare a terra. L’augurio, su tutte, è quello di riprendere insieme a solcare l’oceano infinito dell’amore di Dio. Bisogna provare... per credere.