Messaggio Cei sulla famiglia: gratitudine e preoccupazione

Al centro del Messaggio la gratitudine per la testimonianza coniugale e genitoriale offerta da tante famiglie, ma anche la preoccupazione per la sordità dei responsabili della cosa pubblica nei confronti di politiche fiscali e di armonizzazione tra i tempi del lavoro e quelli propri della famiglia

Alla vigilia dell’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi e della preghiera con il Papa, promossa per il 4 ottobre dalla CEI, il Consiglio permanente dei vescovi italiani (riunitosi a Roma dal 22 al 24 settembre) ha discusso e aprrovato un Messaggio dal titolo “Il bene comune della famiglia” (in allegato il testo integrale), rivolto a tutte le famiglie, alle comunità cristiane e ai responsabili della cosa pubblica del nostro paese.

Il Messaggio nasce dalla convinzione che “la famiglia è un bene di ciascuno e di tutti, del Paese nel suo insieme”: essa – ribadiscono i Vescovi – “è comunione di vita che un uomo e una donna fondano sul vincolo pubblico del matrimonio, aperta all’accoglienza della vita. Per noi cristiani assume la dignità di sacramento; per essa non ci stanchiamo di investire persone ed energie”. I pastori muovono dalla passione per “l’uomo e la società” e, quindi, dalla gratitudine per quanti anche oggi “testimoniano la libertà e la dignità” di quell’ “intima comunità di vita e di amore che è il matrimonio”, che porta a costruire “una famiglia aperta alla generazione” e ad  assumere con coraggio l’impegno educativo, nonostante le tante difficoltà, esasperate per giunta dalla crisi economica.

Nel contempo, il Messaggio richiama i responsabili della cosa pubblica, invitandoli a non essere “sordi nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia, come nel realizzare una politica di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare”. Per questo, insieme al rilancio dell’impegno ecclesiale a fianco di “quanti avvertono il peso della posta in gioco”, i Vescovi esprimono una chiara presa di distanza dal tentativo del legislatore di procedere al “riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto” e di dare “accesso al matrimonio di coppie formate da persone dello stesso sesso”. Infine, denunciano la preoccupazione di chi, abbreviando i tempi del divorzio, enfatizza in realtà “una concezione privatistica” dell’unione coniugale.