A vent’anni dalla morte, Vilalfalletto ha reso omaggio a Vincenzina Vanzetti, sorella minore di Bartolomeo. “Senza Vincenzina - ricorda Luigi Botta, storico del caso Sacco e Vanzetti intervenuto all’incontro - non ci sarebbe stata riabilitazione per il fratello Bartolomeo e Nicola Sacco, giustiziati sulla sedia elettrica nel 1927”.
Domenica 12 ottobre gli amici, i parenti e le persone vicine a Vincenzina si sono incontrati nel salone Tavio Cosio per ricordare questa donna che nel 1958 - alla morte della sorella Luigia - intraprese una battaglia per la riabilitazione del fratello. Di quel fratello di cui non ricordava neppure il viso. Vincenzina, nata nel 1903, aveva solo cinque anni quando il fratello Bartolomeo, il suo Tumlin, partì per l’America. Era troppo piccola anche per tenere una corrispondenza con lui, ma Tumlin quando scriveva a casa non mancava mai di concludere le sue lettere con “un bacio da me a Cenzina e Ettore”.
Presenti all’incontro lo storico Luigi Botta, Marcello Garino, amico di famiglia e rappresentante negli Anni ‘70 del Comitato provinciale Sacco e Vanzetti, Annita Olivero ex insegnante dell’Istituto comprensivo intitolato a Sacco e Vanzetti, amica di Vincenzina, Michele Calandri, direttore dell’Istituto storico della resistenza di cuneo; Antonio Lombardo, correlatore del primo convegno pubblico tenuto a Villafalletto (era il 1987) sui due anarchici, e lo storico Tobia Imperato che nel 1977 murò a Villafalletto la lapide che ricorda i due italiani condannati ingiustamente a morte. “Vincenzina era una donna energica, moderna, aperta - ricorda Annita Olivero -. Lavorò per 35 anni all’ufficio anagrafe di Villafalletto, in anni in cui le donne non avevano un grande ruolo sociale. Si trasferì a Cuneo all’inizio degli anni ‘70, lontana dal «guscio» e dalla mentalità di un paesino di provincia. A lei si deve la borsa di studio per anni assegnata agli studenti più meritevoli della nostra scuola media, grazie a lei la stessa scuola si dotò del primo computer per la didattica. Soprattutto solo grazie a lei la memoria di Sacco e Vanzetti fu riabilitata”.
Attese la morte della sorella Luigia, l’altra donna che insieme a Rosa - la moglie di Sacco -, ebbero un ruolo importante nella vita di Nick e Burt. Luigia dopo aver sofferto insieme al fratello la spietata fine, si chiuse nel suo dolore e non volle più sentir parlare di questa vicenda. Vincenzina rispettò questo dolore. Solo nel 1958, alla morte della sorella, riportò alla luce tutti i documenti, le lettere e quanto aveva raccolto negli anni sul fratello e si battè fino a che il governatore del Massachussetts, Michael Dukakis, il 23 agosto del 1977 ammise pubblicamente che il processo era stato fin dall’inizio inquadrato in un clima di caccia alle streghe, inficiato di pregiudizio e razzismo, e che quindi “Ogni stigma ed onta dovesse essere allontanata dalle figure di Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco e dalla loro progenie”. Non era tutto ciò che la famiglia avrebbe voluto, non era la revisione del processo, non era una sentenza di assoluzione, ma era la prima volta che uno stato della pena di morte legale riconosceva, attraverso la sua istituzione più alta, il governatore, di essersi sbagliato nel condannare due innocenti. Da quel momento anche in Italia le istituzioni cominciarono lentamente a sbloccare il silenzio e l’isolamento con le quali le lotte di Vincenzina, e Vincenzina stessa, erano state trattate. “Se la polizia li ha presi, qualcosa han fatto”, per decenni è stato il sentire comune.
Ci sono voluti decenni ad accettare Tumlin come degno e dignitoso concittadino. Sì, era colpevole - ed egli stesso lo disse nella sua ultima requisitoria al processo- “di essere anarchico e di essere italiano ed è per questo che voi mi condanna”.
Vincenzina ottenuta la riabilitazione disse:”Adesso posso anche morire”. Vincenzina visse ancora a lungo mantenendo saldi i rapporti con gli amici, le personalità che durante quegli anni le furono accanto e che in questa domenica di ottobre la ricordano. Un ricordo affettuoso e particolare è quello del nipote Giovanni, figlio di Ettore. “È l’unica zia che mi sentivo di chiamare «magna». Per me era come una mamma, anche di di più. Lei mi sapeva ascoltare, capire. Con lei ho vissuto un anno quando i miei si trasferirono a Torino. Un anno indimenticabile, bellissimo che porterò sempre nel cuore”.
Al termine della “chiacchierata” su Vincenzina per la seconda volta a Villafalletto è stato proiettato il filmato sul funerale di Sacco e Vanzetti registrato clandestinamente a Boston il 28 agosto del 1927, e recentemente restaurato dalla “Sacco e Vanzetti commemoration society”.