Arnaldo Canepa

Testimoni del Risorto 12.11.2014

Tutta colpa della Madonna, si bisbigliava. Forse è proprio per colpa della Madonna se Arnaldo, figlio di un oste, diventato anch’egli ristoratore in un avviatissimo locale alle Terme di Diocleziano, un bel giorno molla tutto, diventando povero in canna. Nasce a Roma nel 1882, secondo di quattro figli, e come spesso accade nelle famiglie degli osti, i genitori non hanno troppo tempo per prendersi cura di lui. Soprattutto quando muore papà, e tutto il peso della gestione del locale viene a gravare su mamma. Che prende così la decisione di mandarlo a Vallerano (Viterbo), dove l’anziano parroco gli insegna a leggere su un testo di storia sacra e a pregare. Passa poi in un collegio tenuto da religiosi, che non pare tuttavia lasciare in lui tracce importanti di un cammino di fede, tanto che il giovincello, appena rientrato a Roma dopo gli studi, viene subito assorbito nel vortice di un anticlericalismo, spesso triviale e meschino, che intossica gran parte della borghesia romana. E così fino alla soglia dei 40 anni, manifestando simpatie socialiste e strizzando l’occhio alla massoneria, soltanto, incredibilmente, restando sempre fedele alla preghiera del mattino che gli hanno insegnato da bambino. “Senza sapore” e “stupido”: così Arnaldo definisce questo periodo della sua vita, anche se vissuta all’insegna del divertimento e della spensieratezza, soprattutto nel suo ristorante, in cui si rivela brillante conversatore, che con abilità riesce ad intrattenere gli artisti e gli intellettuali che lo frequentano. La svolta avviene in una sera di maggio del 1921, quando per curiosità mette il naso nella piccola chiesa di Santa Maria Odigitria, in via del Tritone: la predica mariana di un frate lo sconvolge al punto da farlo uscire completamente trasformato. Pur non entrando mai nei particolari di questa sua conversione, Arnaldo riconoscerà sempre alla Madonna il merito del suo cambiamento, che è radicale, incontrovertibile, definitivo. Così tanto che l’anno successivo è già iscritto al Terz’Ordine francescano, l’anno dopo aderisce alla Congregazione mariana e, sempre nel 1923, nella sua parrocchia, organizza un circolo giovanile, la Conferenza di San Vincenzo, l’Azione cattolica adulti, il Gruppo Scout. Nel fervore di iniziative, proprio dei neofiti, intanto, comincia a delinearsi lo specifico campo del suo apostolato. Tra i tanti bisogni delle periferie di Roma e tra le tante miserie che le affliggono, una particolarmente colpisce la sensibilità di Arnaldo: lo stato di abbandono dei giovani e le poche opportunità di formazione religiosa che le parrocchie sono in grado di offrire. Nel 1929 inizia ad aiutare un prete belga, in una sorta di oratorio festivo nei quartieri Quadraro e Torpignattara ed è chiamato a sostituirlo, quando il religioso è allontanato dai fascisti nel 1931. Inizialmente coinvolge, per un aiuto e un sostegno, i confratelli della San Vincenzo e i Terziari francescani, poi con il passare del tempo l’iniziativa si struttura con la formazione di catechisti ed animatori e, addirittura, con la creazione di spazi appositi. Arnaldo è talmente convinto della validità e dell’urgenza di questa azione pastorale, da sacrificare ad essa la sua attività lavorativa, che abbandona senza rimpianti, investendovi anche tutti i suoi averi, fino a ridursi in stato di povertà. Nel dopoguerra la sua attività di ricostruzione parte proprio dall’oratorio, con la creazione di un’istituzione apposita per gestire gli oratori anche nelle altre parrocchie romane. È così che nasce il Cor (Centro Oratori Romani), ancora oggi attivo nella capitale, che sviluppa una capillare attività oratoriale su richiesta dei singoli parroci, tanto che nel 1956 gli oratori a Roma sono 55 (su un centinaio di parrocchie), i catechisti 560, i ragazzi partecipanti quasi diciottomila. Tutto grazie a quell’uomo, che scorazza da un oratorio all’altro, continuando a ripetere che “se i bambini non avessero imparato all’oratorio nient’altro che a recitare la preghiera del mattino ogni giorno, si sarebbe raggiunto un buon risultato”. Catechista per 40 anni, ha imparato a vivere “la vecchiaia come una piacevole vigilia in attesa della gran festa e la prospettiva della vicina morte anziché timore mi dà un gran senso di distacco e di pace”. Scivola tra le braccia della morte la sera del 1° novembre 1966, perdendo i sensi per una congestione cerebrale e spegnendosi 24 ore dopo: ai bambini e ai ragazzi di Roma aveva donato veramente tutto! Nel 2001 si è già conclusa la fase diocesana del processo di canonizzazione di Arnaldo Canepa.