La “rivoluzione” di Bergoglio con le lenti dell’Ue

Una lettura del papato di Francesco, affidata a un testo preparato negli uffici della Direzione generale delle politiche esterne del Parlamento europeo. Il Pontefice è apprezzato per la sua vicinanza ai poveri e alle "periferie esistenziali". Le "riforme" in atto nella Chiesa. Sottolineati i punti di distanza tra Santa Sede e istituzioni comunitarie

Nella Chiesa cattolica è in atto una “rivoluzione”? Di fronte all’accelerazione dei processi di secolarizzazione quali risposte si profilano nei Palazzi vaticani? Quale, in questo contesto, il ruolo di Papa Francesco? Interrogativi non banali, con i quali si sono già cimentati commentatori di diversa provenienza, studiosi, teologi, giornalisti… Questa volta tocca al “Dipartimento tematico” della Direzione generale delle politiche esterne del Parlamento Ue che, in vista della visita del Santo Padre alle istituzioni europee a Strasburgo del 25 novembre, ha prodotto un documento intitolato appunto “Una ‘rivoluzione’ nella Chiesa cattolica? Il primo anno di pontificato di Papa Francesco”. Un testo ampio (18 cartelle), disponibile in quattro lingue (italiano, inglese, tedesco, francese) sul sito intranet dell’istituzione, datato 3 novembre 2014 e definito “esclusivamente a uso interno”. Pensato, dunque, per gli eurodeputati e per i funzionari dell’Assemblea, per prepararsi ad accogliere Bergoglio la prossima settimana nella città alsaziana.

 

La Chiesa tra antico e moderno. “Eletto nel marzo 2013, Papa Francesco rappresenta una scelta ‘rivoluzionaria’ per la Chiesa cattolica”, si legge nel pamphlet. “Confrontata a una progressiva secolarizzazione della società, scossa dagli scandali e apparentemente incapace di reagire alle sfide del mondo moderno, la Chiesa ha deciso di affidarsi a un uomo che viene ‘dall’altra parte del mondo’”. I primi mesi di pontificato di Papa Bergoglio “sono stati fecondi”, azzarda l’autore. “Sotto la guida del nuovo pontefice, la Chiesa ha intrapreso un’importante opera di riorganizzazione interna e ha cominciato ad aprirsi a questioni morali tipiche della nostra epoca”. La Chiesa “è tornata all’antico con una rinnovata attenzione ai poveri e agli emarginati e ha lanciato un processo di evangelizzazione più attivo e convinto”. Ancora: “Da un punto di vista internazionale, il nuovo Papa si è sensibilmente distaccato dalla tradizione euro-centrica dei suoi predecessori”, “privilegiando un approccio ‘multilaterale’ alle questioni internazionali”. Quindi un primo giudizio, dietro l’apparenza della neutralità: “Non è tuttavia chiaro se l’intransigente gerarchia della Chiesa permetterà le riforme promosse dal pontefice”.

 

Sintesi e interpretazioni. Naturalmente occorre una lettura puntuale delle pagine per scoprirne una discreta capacità di sintesi degli avvenimenti “vaticani” - più che latamente ecclesiali - degli ultimi tempi. Dopo una breve parte dedicata alla biografia di Jorge Mario Bergoglio, segue un capitolo dedicato alla “riforma del governo della Chiesa” (Curia, Ior, Codice penale vaticano, economia della Santa Sede). Quindi una parte sulla “lotta contro i comportamenti sessuali inappropriati nel clero e la pedofilia”, un’altra su una possibile o presunta “nuova dottrina sociale della Chiesa”. Quindi il capitolo centrato sulle “difficili scelte etiche del nuovo pontefice” (limitate, nel testo, a omosessualità e all’accesso ai sacramenti da parte dei divorziati risposati”, con vari riferimenti al Sinodo sulla famiglia). Quindi “la posizione del Papa negli affari internazionali” con un focus al dialogo interreligioso e uno sulle relazioni con l’Ue.

Il Pontefice delle “periferie esistenziali”. Ovviamente si tratta di un elaborato “introduttivo”, con una bibliografia per lo più limitata ad articoli di giornale; ma non mancano citazioni dei discorsi di Francesco e il velato apprezzamento su taluni aspetti della figura del Papa, specie nelle sue coraggiose prese di posizione a favore dei poveri, degli emarginati, delle “periferie esistenziali”, e nel denunciare la “globalizzazione dell’indifferenza”. Tornano, invece, di tanto in tanto, azzardati paragoni con i predecessori di Bergoglio, rei, fra l’altro, di non aver sufficientemente tematizzato “la scelta di una vita povera e sobria” per la Chiesa, o “una migliore comprensione del ruolo dell’uomo nel mondo” (sic et simpliciter). D’altronde sarebbe in atto, nell’analisi del documento, “un ambizioso progetto di nuova evangelizzazione di cui lo stesso pontefice è al tempo stesso promotore e testimone. L’immensa popolarità planetaria guadagnata da Francesco” diviene “lo strumento sia per una ricostruzione interna di una Chiesa invecchiata e malata ma anche e soprattutto il mezzo per entrare nei cuori e nelle menti di milioni di persone che per vari motivi si sono allontanate dalla fede”.

 

Dov’è finito il “popolo di Dio”? Sulle relazioni con l’Ue, per l’ufficio dell’Europarlamento che si occupa di politiche esterne sarebbero cinque gli aspetti su cui Ue e Vaticano “non condividono la medesima visione”: le radici giudaico-cristiane dell’Europa; l’impostazione del libero mercato; l’ideologia gender; le “ingerenze” delle istituzioni internazionali nelle questioni morali e dottrinali della Chiesa; il nodo delle migrazioni e l’accoglienza dei profughi. Dal Papa - figura “realmente globale, apprezzata sia dai cattolici che dai non cattolici” - ci si aspetta forse, nella tappa a Strasburgo, qualche sottolineatura sui temi della pace, della solidarietà e un appello alla speranza. Ma certo non può sfuggire che la lettura, a tratti “benevola”, delle vicende pontificie, trascura aspetti essenziali della vita della comunità cristiana: la quale non può essere limitata a una visione vaticano-centrica, trascurando il profilo della Chiesa “popolo di Dio” secondo il dettato conciliare e secondo quanto ha nel cuore Papa Francesco; comunità che si alimenta di essenziali riferimenti alla Bibbia, di preghiera e delle molteplici forme della carità e dell’educazione; una Chiesa impegnata, non senza fatiche, nel percorso ecumenico e interreligioso; una cattolicità che si compone, proprio per la sua universalità, di tante “diversità” (geografiche, pastorali, culturali, liturgiche…) che tendono all’“unità”. Se si vuole, quella “unità nella diversità” che costituisce il motto e il tratto positivo della stessa Ue.

* corrispondente da Bruxelles