Cattolici e Musulmani di Francia uniti contro il terrore

Michel Dubost, vescovo d'Evry-Corbeil-Essonnes: "Stiamo vivendo un momento difficile, ma è proprio questo il tempo di incontrarci". La condanna del Consiglio francese del culto musulmano

Non si sono fermati davanti a nulla e hanno sparato a sangue freddo, senza pietà, senza ripensamenti. Parigi è caduta nell’ombra più oscura del terrorismo di matrice islamica, come purtroppo da tempo si temeva e come purtroppo è avvenuto, nonostante le allerte e le precauzioni. Un attacco durissimo messo a segno da tre uomini contro la sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo”, a Parigi.

Quel che è successo sfiora l'inimmaginabile. L'attacco, le grida “allah akbar”. I redattori sono stati chiamati per cognome e ammazzati. Freddati anche mentre erano a terra e chiedevano pietà. Tra le vittime, il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e i tre più importanti vignettisti: Cabu, Tignous e Georges Wolinski. Si tratta dell'attacco più grave della storia recente di Francia.

Imam francesi col Papa

E mentre a Parigi c’era l’inferno, a Roma in piazza San Pietro una delegazione di imam francesi si incontravano con Papa Francesco. Ad accompagnarli c’era monsignor Michel Dubost, vescovo d’Evry-Corbeil-Essonnes e presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose. “Siamo sconvolti per le vittime e per le loro famiglie ma siamo sconvolti anche per la Francia e per la democrazia”. Sono le primissime parole di choc espresse dal vescovo. Monsignor Dubost, racconta cosa è avvenuto tra il Papa e gli Imam: “Ero lì con loro quando il Papa ha chiesto loro, ‘pregate per me’, manifestando una fraternità straordinaria che può esistere tra i credenti di differenti religioni, quando c’è rispetto gli uni per gli altri”. Il rischio ora sono le conseguenze dell’attentato al giornale “Charlie Hebdo” sulla già delicata coesione sociale in Francia tra le diverse comunità. “Non si trovano le soluzioni ai problemi attraverso la violenza - precisa Dubost - ma sempre e solo nel diritto. Stiamo vivendo un momento difficile, ma è proprio questo il tempo di incontrarci. È vero che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. La strada del dialogo è lunga ma non ci sono alternative”.

Di fronte all’orrore si è levata anche la voce della comunità musulmana

È il Consiglio francese del culto musulmano e i musulmani di Francia a condannare per primo e “con la più forte determinazione l’attentato terroristico commesso con una violenza eccezionale contro il giornale Charlie Hebdo”. “Questo atto barbaro di una estrema gravità - dice il presidente di Cfcm, Dalil Boubakeur - è anche un attacco contro la democrazia e la libertà di stampa. I nostri primi pensieri vanno alle vittime e alle loro famiglie alle quali esprimiamo la nostra totale solidarietà nella terribile prova che stanno vivendo. In un contesto internazionale politico in cui le tensioni alimentate dai deliri di gruppi terroristici che sfruttano ingiustamente l’lslam, chiediamo a tutti coloro che sono impegnati per i valori della Repubblica e della democrazia, di evitare provocazioni che servono solo a gettare olio sul fuoco. Di fronte a questo dramma di scala nazionale, richiamiamo la comunità musulmana a dare prova della massima vigilanza contro eventuali manipolazioni da parte di gruppi dalle visioni estremiste, qualsiasi esse siano”.

“Quanto è successo ieri a Parigi è grave, è il segno di un’umanità perduta”. Esprime parole cariche di dolore Shahrazad Houshmand, teologa musulmana e docente di studi islamici in diverse università italiane. “Sicuramente - aggiunge - la povertà, l’ignoranza, lo stato di emarginazione sociale preparano un terreno fertile perché la violenza cresca e si alimenti. Non è una cosa nuova. Ma la soluzione va cercata insieme. Non è compito di alcuni!”. La professoressa chiama in causa “i maestri e i saggi” della società. “Ci sono in Francia - argomenta - 5 milioni di musulmani, altrettanti in Germania. In Italia i musulmani sono circa un milione. Non può essere un problema da trascurare. Non possiamo limitarci a condannare. Ogni abuso come ogni malattia ha radici profonde e radicate. Raduniamo allora tutti i saggi e i maestri della società perché insieme trovino delle soluzioni. Laddove l’integrazione è riuscita, le politiche migratorie sono seguite con giustizia, e l’istruzione è favorita, questi abusi muoiono sul nascere”. Anche la professoressa teme che quanto accaduto a Parigi possa scatenare un’onda di violenza e odio contro i musulmani. “Sarebbe gravissimo perché per decenni i musulmani in Europa hanno vissuto in pace, hanno lavorato, hanno contribuito alla vita dei Paesi che li hanno accolti. Non è giusto che ora si punti il dito contro una popolazione innocente e operosa. Condannare ingiustamente un intero popolo non conduce da nessuna parte, anzi rischia di generare aggressione su aggressione. Se chi non ha fatto nulla di male, viene condannato o giudicato ingiustamente, prima o poi diventerà un musulmano aggressivo. Si genera una società di odio ed è proprio quello che oggi dobbiamo evitare”.