Sabato 17 e domenica 18 gennaio due suore missionarie della Congregazione San Giuseppe sono venute a parlare ai cerveresi per ringraziarli del sostegno che, in questi ultimi anni, hanno fornito alle loro missioni in Africa e per fare un resoconto delle loro attività.
Richiamate dal Camerun per motivi di sicurezza - e anche su disposizione del governo locale africano, che intende contrastare i pericolosi rapimenti di occidentali a scopo di riscatto - suor Albertina e suor Gemma sono rientrate, loro malgrado, alla Casa Madre di Cuneo. Nella loro zona, infatti, si erano già verificati episodi criminosi a danno di due missionari, una suora canadese, dieci cittadini cinesi e due famiglie francesi.
Nel 2014, dalla confinante Nigeria ondate di profughi si erano riversate nel Camerun per sfuggire al terrore e alla violenza di Boko Haram, che cerca di destabilizzare il potere costituito e installarvi un califfato sulle basi di un principio espresso dallo stesso suo nome, che significa, pressappoco, “La civiltà occidentale è malvagia”. Essendo l’idea di civiltà occidentale assimilata all’idea di cristianesimo, i cristiani vengono perseguitati ed eliminati.
Il lavoro delle due missionarie toccava diversi campi. A Sala gestivano una scuola cattolica frequentata da bambini cristiani e musulmani, pagando loro stesse le rette per i bisognosi.
Un altro fronte era la lotta all’Aids che sta dilagando anche a causa dell’ignoranza: le suore assistevano le famiglie colpite procurando cibo, medicinali e trasporto in ospedale.
A Mora il campo di azione era il carcere: lì le suore si occupavano dei detenuti offrendo loro aiuto spirituale e materiale e cercando di alleviare le loro sofferenze in diversi modi, anche tramite la facilitazione di contatti con le rispettive famiglie attraverso telefonate, ecc. All’uscita dal carcere gli ex detenuti venivano aiutati dalla missione nel reinserimento e nella ricerca di un lavoro.
Servizio sul numero de La Fedeltà in edicola mercoledì 28 gennaio