LIDIA BASTIANICH

(Pola, 1947)

Nata Matticchio, ha un’infanzia tristissima. A 9 anni fugge con la famiglia a Trieste, passa due anni alla Risiera di San Sabba, un ex campo di concentramento dove la mensa passa solo del prosciutto cotto, un formaggino, una mela. A 12 anni i Matticchio si trasferiscono a New York, Lidia sposa Felice Bastianich (da cui divorzierà nel 1997) e nel 1971 nel Queens apre il primo ristorante il “Buonavia”, cui seguirà “Villa Secondo”, affiancata da uno chef italo-americano. Dieci anni dopo apre il “Felidia” (cioè Felice + Lidia), sulla 57esima a Manhattan, e da allora non molla più.
Al suo attivo ha 7  ristoranti a New York, Kansas City Pittsburgh e in Friuli, tante trasmissioni televisive che hanno insegnato a cucinare a milioni di americani (con le quali ha vinto anche un Emmy Award), vari libri tra cui Lidia’s Italy, paste e sughi con il marchio “Lidia’s Flavors of Italy”. E ancora: l’agenzia di itinerari artistico-gastronomici Esperienze italiane, gestita dalla figlia Tanya, un’azienda agricola nel Collio e una in Maremma in società con Mario Batali. Il figlio Joe, chiamato affettuosamente in famiglia Giuseppino, dopo aver  lasciato il  lavoro da broker di Wall Street, grazie al  suo fiuto per gli affari è diventato un famoso ristoratore e imprenditore vinicolo.  Lidia è socia col figlio Mario Batali ed Oscar Farinetti di Eataly, del centro della gastronomia italiana a New York e a Chicago. Nell’ottobre 2007 è stata “Grand Marshal” nella tradizionale parata del Columbus Day e, in seguito ad un’intervista rilasciata al “New York Times” in cui sosteneva tra le varie cose che “Tito aveva permesso a centinaia di migliaia di istriani di ritornare in Italia come profughi”, suscitò molte polemiche tanto da essere stata oggetto di un’interrogazione parlamentare in cui si contestava che a rappresentare l’Italia alla famosa parata, fosse stata un’istriana che non riconosceva le foibe. Pochi giorni dopo la Bastianich replicò, con un’intervista su “America Oggi”, nella quale sosteneva che lei, originaria istriana ma di lingua e cultura italiana, era comunque una donna che proveniva da una terra di frontiera nella quale si devono conoscere “entrambe le lingue ed entrambe le culture”. Nel 2008  ha preparato per il Papa benedetto XVI un’insalata con fave, asparagi bianchi e verdi e pecorino fresco, un  brodo di pollo ruspante con agnolottini fatti in casa, un gulasch di manzo e una grande torta.
Nelle cucine dei suoi ristoranti, affidati a executive chef come Fortunato Nicotra e Mark Ladner, i piatti appartengono prevalentemente alla tradizione italiana, con qualche influenza italo-americana.
Dal 2014 è una dei giudici di Junior MasterChef Italia con Bruno Barbieri ed Alessandro Borghese. Non ha un piatto in particolare che ritiene sia il migliore assoluto, ma quando arriva a casa alla sera dopo una giornata di lavoro e deve cucinare qualcosa per se stessa, gli spaghetti aglio e olio sono sicuramente al primo posto. Se fu un italiano a scoprire le americhe, ora un’altra italiana deve la sua fama per aver fatto scoprire agli americani le ricette italiane. In poche parole s’è finalmente cucinato l’uovo di Colombo.