Italiani sempre meno fertili, questione (anche) educativa?

509mila nuovi nati nel 2014, raggiunto il livello più basso dal 1861. In Italia, oggi nascono 1,39 bambini per donna, mentre per garantire il ricambio generazionale dovrebbero nascerne 2,1

 

Davvero siamo diventati un Paese in via di estinzione? I freddi numeri statistici direbbero di sì.

In Italia, oggi nascono 1,39 bambini per donna, mentre per garantire il ricambio generazionale dovrebbero nascerne 2,1. Dunque, dati alla mano, sembra proprio che abbiamo imboccato una china scivolosa verso il basso. Il quadro delineato dal nuovo Piano nazionale per la fertilità, presentato il 27 maggio dal ministro della Salute, è impietoso: la fertilità in Italia risulta in netta diminuzione, per varie ragioni concorrenti. Di fatto, una coppia su cinque ha difficoltà a procreare per vie naturali.

 

509mila nuovi nati nel 2014

Nel 2013 secondo l’Istat i nati sono stati 509 mila (5 mila in meno rispetto al 2013), mentre nel 2008 erano 572mila. Ogni anno quindi sono nati circa 12 mila bambini in meno. Si è così raggiunto “il livello minimo dall’Unità d’Italia”, avverte l’Istituto di statistica, e siamo a un passo dalla “soglia psicologica” del mezzo milione di nascite in un anno.

Il numero medio di figli per donna è pari a 1,39 (contro una media europea di 1,58): precisamente, le italiane procreano 1,31 figli, 1,97 le straniere.  Oltre al minor numero di figli, rileva ancora l’Istat, si posticipa sempre più la decisione di metterli al mondo. Sale, infatti, l‘età media al parto della madre, che arriva a 31,5 anni.

A livello di ripartizione territoriale, “con 1,65 figli per donna nel 2014 – osserva l’Istat – il Trentino-Alto Adige si conferma la regione più prolifica del Paese, seguita dalla Valle d’Aosta (1,55). In tutte le regioni del Nord, eccetto che in Liguria (1,35 figli), si rileva una fecondità superiore alla media nazionale. Con 1,46 figli per donna il Nord, nel suo insieme, è la ripartizione con la più alta fecondità, il Centro registra un valore di 1,36, mentre il Mezzogiorno si attesta a 1,32. Nessuna delle regioni del Mezzogiorno presenta una fecondità di livello superiore alla media nazionale: in quelle che un tempo erano considerate il bacino riproduttivo del Paese, ovvero Sicilia e Campania, la fecondità nel 2014 si attesta, rispettivamente, a 1,38 e 1,34 figli per donna. Persiste, peraltro, una situazione di radicata bassa fecondità proprio in alcune realtà meridionali. In Molise, Basilicata e Sardegna non si raggiunge, ormai da tempo, il livello di 1,2 figli per donna”.

 

Tante le cause dell’infertilità

Le cause d’infertilità riguardano per il 40% le donne, per il 40% gli uomini e per il 20% ambedue. A questa disastrosa tendenza concorrono fattori diversi, di tipo sanitario, economico, sociale e culturale. Fattori che a volte interagiscono, sommando i loro effetti negativi. Perciò il Piano nazionale per la fertilità prevede diverse iniziative (alcune particolarmente “felici”) in vari ambiti, per affrontare questa preoccupante situazione che riguarda tutti noi, visto che alla fine è in gioco il nostro futuro di popolo. Per tenere alta l’attenzione sul tema, si è perfino pensato d’istituire il “Fertility day”, da tenersi ogni 7 di maggio.

Ma aldilà dei rimedi “tecnici”, che potranno migliorare solo alcuni aspetti del problema, ci sembra essenziale prendere coscienza del vero “puntum dolens” della questione: al fondo del fenomeno, emerge chiaramente una diminuita voglia di procreare. Forse perché, fra le nuove generazioni, sta cedendo la spinta alla “continuità”, la consapevolezza di appartenere a una comunità, il senso di responsabilità verso la crescita del bene comune, la partecipazione a un “progetto Paese” condiviso (che forse non esiste nemmeno). Occorre dunque ripartire da questi punti centrali, dalla ricostruzione di una società che possa ancora far “innamorare” le nuove generazioni e spingerle a tramandare ai loro figli la voglia di partecipare attivamente al suo sviluppo. Insomma, la vera soluzione, ancora una volta, va cercata sul piano culturale ed educativo, mediante l’assunzione di scelte chiare e coerenti. E la politica deve servire a tutto questo. Ma bisogna far presto, prima che il rischio di “estinzione” si tramuti in realtà!