L’art. 21 della Costituzione tutela la libertà di parola di ogni italiano, e quindi è possibile sia dire sia ascoltare qualsiasi sciocchezza, anche quella di invitare gli italiani a ritirare i loro soldi dalle banche, insomma a farsi travolgere da un’ondata di paura simil-greca sfasciando tutto e tutti “per uscire dall’euro, per cambiare quest’Europa”. Il fatto che l’abbia detto un leader politico di primo livello come Matteo Salvini, e non un qualsiasi avventore di un bar, espone questo invito ad essere molto più pericoloso di quanto in realtà miri a fare: e cioè a coagulare attorno ad un progetto politico i mal di pancia italiani.
Il “tanto peggio tanto meglio” in realtà è solo tanto peggio. Il panico che sta attanagliando i greci davanti alla prospettiva di vedere i loro euro trasformati in misere dracmette che varranno la metà di oggi, dovrebbe far riflettere gli italiani su quanto sia positivo avere una moneta forte che protegge i nostri risparmi, ci permette di girare il mondo e di riceverlo in casa nostra con più facilità (dalle merci al turismo), favorisce tassi di interesse bassissimi - mai i mutui immobiliari sono stati così convenienti - anche per gli acquisti rateizzati; tiene a bada l’inflazione e rende stabili i prezzi… e tanto altro ancora. O vogliamo acquistare la benzina a 6mila lire al litro, quanto ci costerebbe se tornasse la nostra vecchia, consunta moneta?
È con l’euro e con i vincoli europei che stiamo tenendo a bada quel mostro chiamato debito pubblico e originato dalla lira e da classi politiche assai allegre sul fronte della spesa. Tanto, bastava stampare un po’ di moneta, a costo di scatenare poi inflazioni al 20%. O ci siamo già dimenticati pure di quelle? È vero che gli stipendi “correvano”, ma semplicemente per non perdere il confronto con un’inflazione che erodeva tutto. E quel che non si copriva da una parte, lo si faceva dall’altra incrementando il debito pubblico messo sulle spalle delle generazioni future.
Questo per ricordare come il tagliare il ramo in cui si sta seduti abbia qualche controindicazione. Ma del messaggio salviniano disturba soprattutto l’attizzare le paure della gente per speculare risultati elettorali sugli stessi. Una tattica che porta frutti nell’immediato, così come ha portato frutti - la vittoria elettorale - a Syriza e ad Alexis Tsipras l’aver promesso tutto a tutti. Già, ma ora chi paga il conto? I più deboli, i più poveri: come al solito.
Le paure paralizzano le persone, le chiudono in casa. Se si smarriscono i valori di solidarietà e di comunione civica, si perdono pure quelli economici legati a consumi intelligenti, ma esistenti. Perché la crisi economica degli ultimi anni è stata soprattutto una crisi da panico: le cose vanno male e andranno peggio, mi tengo i soldi in tasca, i prodotti rimangono invenduti, le fabbriche chiudono, i lavoratori perdono il posto impoverendo le loro famiglie… in una spirale che solo in questi mesi stiamo cercando di invertire.
Ci mancherebbe a questo punto il panico indotto da motivi elettoralistici per ripiombarci nel tunnel dal quale stiamo faticosamente uscendo. E a chi obietta che, ai tempi della lira, la moneta si poteva svalutare e così dare fiato all’economia, ricordiamo che quelle “svalutazioni competitive” le pagava poi la gente, e che a dare carburante alla crescita economica degli anni Cinquanta-Sessanta fu soprattutto una tassazione infima rispetto a quella attuale. Si esca dai bar e si vada nelle aziende del Nord per capire se il problema del nostro apparato economico sia l’euro, o invece un’imposizione fiscale da infarto…