Un Dio malato che ha bisogno di noi. E noi di lui

Martedì 27 ottobre alle 20,45 l’ultimo spettacolo del Folle d’oro

Dio non è morto. È malato, e ha bisogno di noi. E noi di lui. Questo il messaggio che arriva dallo spettacolo “Oh Dio mio!” della compagnia Claet di Ancona andato in scena martedì 20 ottobre al teatro i Portici per la settimana edizione del Folle d’oro. Una pièce scritta dalla maggiore drammaturga israeliana moderna, Anat Gov, scomparsa nel 2012, che racconta un vero e proprio genere, il cosiddetto “Jewish humour”. L’umorismo ebraico è caratterizzato da una spiccata autoironia e dal ribaltamento degli stereotipi che gli antisemiti hanno creato negli anni. È anche un lamento che parte dal nonsense per suggerire, evocare e far pensare: l’ebreo litiga con Dio, lo rimprovera, ma capita anche che lo consoli, e che lo canzoni. Così è stato nella pièce della Gov: un’affermata psicanalista (Ella) con un matrimonio fallito alle spalle e una figlia autistica riceve una telefonata da uno strano paziente che ha bisogno d’aiuto. È Dio, in carne e ossa. Il Dio dell’Antico testamento. Sull’orlo di una crisi di nervi chiede di essere psicanalizzato; guarito. Ma diventa allo stesso tempo l’occasione per Ella di essere ascoltata. Il terapeuta e il paziente si confondono, i piani ruotano e l’abbraccio finale tra i due ne sancisce l’alleanza ritrovata. Una mela, donata da Dio, morsa dalla figlia di Ella le restituisce la parola. Guarisce. L’Hallelujah di Leonard Cohen nel finale è l’happy ending che rincuora. Bravi, davvero, i due attori protagonisti: Ilaria Verdini e Diego Ciarloni, che è anche il regista dello spettacolo. La scenografia è scarna, di carta (Kubedesign), come a dire la fragilità, l’equilibrio fra caducità ed eternità. Materia e spirito.

Un jewish humour che rimane nel solco di opere andate in scena sul grande schermo negli ultimi anni come: “Il mio nuovo strano fidanzato” o “Un insolito naufragio nell’inquieto mare d’Oriente”. E chissà che Nanni Moretti non si sia ispirato proprio alla pièce di Anat Gov per il suo “Habemus Papam” nell’ideare un Papa neoeletto dal conclave in crisi d’identità, costretto alla psicoterapia per accettare di salire al soglio pontificio.

 

L’ultimo spettacolo

Martedì 27 ottobre alle 20,45 ai Portici andrà in scena l’ultimo spettacolo di questa edizione. Sarà “L’ultima vittoria” di Luigi Lunari a essere rappresentato. La storia di due campionesse di fioretto, Alice e Marta, in perenne conflitto. Alice, in allenamento, colpisce alla schiena Marta e la costringe su di una sedia a rotelle. Marta desiderosa di eutanasia ritrova l’illusoria spinta alla vita nella maternità, grazie al seme donato dal cognato. Ma non basta. Il male di vivere è troppo grande e decide con l’aiuto della sorella di farla finita. Ma il dubbio rimane. Quella stoccata nella schiena inferta all’inizio da Alice a Marta è stata poi così involontaria o un gesto ricercato, voluto? A chi, l’ultima vittoria? Un testo duro messo in scena da “I cattivi di cuore” di Imperia per la regia di Gino Brusco.

 

L’ultima “pillola”

Sarà anche l’ultima occasione per questa stagione per parlare di arte moderna e contemporanea. Tornerà Giuseppe Perucca con un’opera (doppia) de La Gaia, sul palco, per mettere in 5 minuti la “Pulce nell’orecchio” al pubblico in sala. La sorpresa annunciata, ma non unica assicurano dalla Corte dei folli, sarà quella di avere anche l’artista, autore dell’opera, presente in teatro a disposizione del pubblico.

Fotografie Mauro Bellavia - Movimento Fotografico Fossanese