NIKO ROMITO

(Castel di Sangro 1974)Tre stelle Michelin

Gli anni della fanciullezza Romito li trascorre a Rivisondoli, il piccolo paesino con poche centinaia di anime inserito tra il parco nazionale della Maiella e quello dell’Abruzzo dove il padre Antonio gestiva una pasticceria, che poi nel 1996 trasforma in una trattoria col nome di “Reale”. Niko non ha ancora sviluppato il “sacro fuoco” per la cucina, tant'è che non frequenta nessun istituto alberghiero perché sogna un lavoro nella finanza. Studia economia e commercio a “La Sapienza” di Roma anche se di tanto in tanto, molto svagatamene, frequenta qualche corso di cucina. Ma il destino vuole che il padre si ammali per poi morire presto e questo triste episodio fa sì che Romito, a 24 anni, torni al paese per gestire il locale insieme ad una delle tre sorelle della famiglia, la poliglotta Cristiana che ancora adesso guida la sala del ristorante. All’inizio è poco esperto, praticamente un autodidatta, perciò comincia a seguire corsi professionali e fare stages con chef famosi: Antonio Sciullo, un altro abruzzese, Salvatore Tassa, e poi con i fratelli Roca a Girona, in Catalogna ( il cui locale nel 2015 è stato considerato il numero uno al mondo) dove fa il lavapiatti per un mese, per finire con Valeria Piccini al “Caino” di Montemerano in Maremma, ristorante nel quale la sua prima mansione è quella di pulire i carciofi. Intanto apprende l’importanza ed il coraggio di investire in un locale fuori dai grandi centri urbani con appena 20 coperti, ma soprattutto ad avere il rispetto per la materia prima e non manipolarla. A conferma del suo grande talento, nel 2007 Niko conquista la prima stella Michelin, nel 2009 la seconda. Lo stesso anno vince il “Creativity Award” a Identità Golose. Nel 2011 si aggiudica il “Best Chef Award” sempre a Identità Golose, e trasferisce i locali del Reale a Casadonna, un ex convento a Castel di Sangro del XVI secolo finemente restaurato dove, insieme alla ristorazione, affianca anche l’ospitalità. Nel 2012, ad imitazione dell’Università del Gusto di Pollenzo, fonda la scuola di alta gastronomia “Niko Romito Formazione” e nel 2013 “Spazio”, un ristorante-laboratorio nel quale gli studenti della scuola completano il loro percorso formativo. Sempre nel 2013 è Migliore Chef dell’Anno per il Festival della Cucina Italiana e a febbraio dell’anno successivo, ad Identità Golose 2014 a Milano, presenta il suo ultimo progetto in ordine di tempo: Unforketable, la video enciclopedia digitale di cucina italiana moderna. Nel ristorante «Il Reale», Romito offre piatti dai nomi disarmanti: pollo, insalata e peperoni; gnocchi, zafferano e zucchine, ceci e baccalà, cioccolata e pere, dov’è rappresenta la sintesi perfetta tra cucina contemporanea e regionalità italiana. Carlin Petrini, l’ideatore dello “Slow Food”, già nel 2004 su «La Stampa» scrisse di lui: «Un talento naturale fuori dalla norma». Ma non tutti se ne sono accorti subito. Niko, a tal proposito, ricorda ancora quando andò in Spagna nel grande ristorante di Girona dei fratelli Roca: «Mi fecero fare di tutto, dallo sguattero all’aiuto-chef, compreso pelare le verdure. Poi nel 2007 a Milano trovai Juan Roca, relatore accanto a me nel congresso di cucina “Identità Golose”. Il più imbarazzato era lui...». Spesso nelle interviste a giornali e TV, Romito tiene a far emergere l’aspetto che viene solitamente meno valorizzato dell’universo culinario da parte dell’immaginario collettivo: “Credo che uno dei più grandi problemi relativi alla valutazione della cucina, e della gastronomia in generale, dipenda dal fatto che chi si siede a tavola si sente tecnicamente preparato per giudicare tutti e tutto. La cosa non è così semplice” ribadisce lo chef “ E’ strano, se vai a vedere una pinacoteca trovi tutti con le audio guide a naso in su e con un libricino in mano, ma se entri in un ristorante, invece, tutti si ergono a giudici critici. La verità è che pochi si concentrano su cosa vive oltre il piatto, cosa c’è dietro; quanta ricerca, quanto studio, quante prove. Ecco, credo che questo andrebbe valorizzato maggiormente, poiché se la gente fosse a conoscenza del percorso di creazione di un piatto, lo apprezzerebbe sicuramente di più“. Ad uno chef così ben radicato, non solo nel Bel Paese ma nella propria zona di origine, viene quasi spontaneo chiedergli quale cucina internazionale, esclusa l’italiana, si ritiene un estimatore. “Credo che in Francia ci siano i migliori maestri, ma non sono particolarmente preso dalla cucina francese” dice Romito “ciò che amo dei francesi è, piuttosto, la capacità di fare scuola, il loro approccio alla cucina, la loro ricerca. Sento un gran feeling, invece, con la cucina orientale. Amo le spezie, i profumi, le zuppe. Si, credo che la cucina orientale sia quella nella quale maggiormente mi riconosco dal punto di vista filosofico”. Il“Reale”, che si trova al centro dell'Appennino, propone  cibi  a chilometri zero abbinati ai prodotti del mare. Da questo originale connubio derivato dal pesce ed il ristorante ricavato da un ex convento verrebbe da coniare una nuova regola monastica: “Orate e cefali”