Diario da Parigi il giorno dopo

La testimonianza di Chiara Mezzalama dalla sua casa di Parigi a pochi passi dal teatro Bataclan

Abbiamo incontrato Chiara Mezzalama solo qualche giorno fa a Villafalletto in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Il giardino persiano”. 

Un’amica tornata nella terra dei suoi nonni per condividere un progetto importante della sua vita. Ritroviamo la voce di Chiara su Facebook la notte della strage di Parigi: “Ho sentito gli spari. Siamo chiusi in casa. I bambini dormono per fortuna”. Chiara elabora con la scrittura, il linguaggio che le è più consono, la paura e il dolore di una strage, consumata a due passi dalle mura della sua casa strappando sicurezze, serenità.

Riportiamo l’articolo pubblicato il giorno dopo la strage sulla rivista Left, a cui Chiara Mezzalama collabora.

Questo giorno sarà lungo da attraversare. 

Nel sonno agitato di questa notte ho sognato che una bandiera nera sventolava sulla scuola dei bambini. Ci saranno tre giorni di lutto nazionale in Francia. Ho paura ad aprire gli occhi su questo giorno funesto. Più di ottanta persone sono morte nel teatro Bataclan, saranno per la maggior parte ragazzi e ragazze, accendo la radio, il numero dei morti non fa che aumentare, cadaveri in tutta la città. Sono senza fiato. Guardo fuori dalla finestra, vedere dei passanti mi dà un senso di conforto. Sulla scuola sventola la bandiera francese. È troppo presto per pensare, per scrivere. Racconto qualcosa ai bambini di ciò che è successo e mia figlia si sorprende che tutto ciò abbia potuto accadere in una sola notte, mentre lei dormiva. Basta un momento per scivolare nel baratro, è così vero. Eppure tutti i negozi sono aperti, la gente è per strada, centinaia di giornalisti sul Boulevard Voltaire accendono i fari sulla facciata del Bataclan, una tenda grigia ripara lo sguardo da quello che non voglio vedere, che non vorrei sapere. Una coperta termica dorata si trascina sul marciapiede. Durante la notte la gente ha aperto i portoni per accogliere chi stava scappando, è successo anche nel nostro palazzo mi dice la portiera, gente che piangeva, che non sapeva dove andare, tutte le stazioni della metropolitana del quartiere sono chiuse. Ancora telefonate, rassicurazioni, ci sono delle lunghe file per andare a donare il sangue. Il meglio e il peggio dell’umanità si incontrano nel momento in cui tutto crolla. Poi leggo la rivendicazione dell’isis, in nome di Allah, miscredenti, crociati, attacco benedetto… una dichiarazione di guerra con tutta la retorica, la lucida follia e le catastrofiche conseguenze che comporta. Pensavo di abitare a Parigi, mi ritrovo sul fronte.