Alla nipotina che le diceva: “Zia, c’è un povero alla porta” - lei rispondeva: “C’è ‘n munsù, Anna Maria, c’è ‘n munsù”. Il suo non era un vezzo, o un atteggiamento “politically correct”. Per Costanza Ramonda, (“Cina”) la dignità dei poveri era sacra. Tutta la sua vita è lì a testimoniarlo.
Operaia al Bottonificio fossanese, visse con la mamma, in via Monfalcone. Una casa di cui i nipoti hanno nostalgia, perché quella era davvero la “casa di tutti, perché zia Cina aveva un cuore grande e una grande apertura mentale. Sapeva ascoltare, capire e consolare; sapeva mettersi nei panni delle persone e incoraggiare. “Zia era una donna molto aperta - racconta la nipote Anna Maria Arese - e ci ha comunicato tanti valori come lo spirito di servizio, la carità, la solidarietà, l’amore... Era una donna di fede ma non era bigotta. Ed è stata sempre molto aperta. Per cui con zia comunicavano persone dalle culture diverse: musulmani, agnostici, atei... Coltivava amicizie profonde con persone le più diverse”.
Era una donna capace e decisa; molto autonoma, ma anche molto rispettosa delle persone. Tutti la conoscevano e tutti si rivolgevano a lei personalmente: non aveva intermediari, né con i poveri né con i benefattori. Con il suo fare semplice e schietto, si rivolgeva a chiunque: autorità, commercianti, titolari di aziende. Rivolgeva richieste precise, specifiche, per casi concreti. Per questo trovava risposte.