Vincenzo de’ Paoli

Testimoni del Risorto 02.03.2016

Se è vero, come dice Papa Francesco che “non c’è santo senza un passato”, quello di “Monsieur Vincent” non è certo un passato dei più caritatevoli. Proveniente da una famiglia contadina, nasce nel 1581 a Pouy, un villaggio vicino Dax, nelle Lande della Guascogna, nel sud-ovest della Francia, dove ben presto gli affidano le pecore e i porci della famiglia da portare al pascolo, fino a quando, accortisi della sua spiccata intelligenza, i genitori decidono di farlo studiare affidandolo, nel 1595, ai francescani del vicino convento di Dax. I quali, a loro volta, sono talmente stupiti della sua bravura che appena pochi mesi dopo lo segnalano come precettore al signor de Comet, avvocato di Dax e giudice di Pouy, che non tarda anch’egli ad accorgersi delle doti di quel ragazzo, convincendolo ad intraprendere la carriera religiosa. Nessuno si è davvero sbagliato sul suo conto, anche solo considerando che già nel 1600, cioè appena cinque anni dopo, viene ordinato prete, senza dargli neppur il tempo di terminare gli studi. Da quel momento Vincent comincia a sgomitare per ottenere in diocesi un beneficio ecclesiastico, perché il suo più grande sogno è una carica ecclesiastica presso la nobiltà francese che gli assicuri una vita agiata e senza problemi economici. Gli va male con la prima nomina a parroco di Thil, perché il beneficio gli viene subito contestato dal legittimo titolare; gli va ancor peggio con un’eredità che deve andare a riscuotere a  Marsiglia, perché nel viaggio di ritorno viene fatto prigioniero dei corsari turchi e venduto come schiavo; riottenuta la libertà e trasferitosi a Parigi sempre in cerca di una onorevole sistemazione, viene ingiustamente accusato di furto e per far trionfare la sua innocenza deve con pazienza attendere che il rimorso convinca il vero ladro a costituirsi. Tutte queste disavventure, che mandano in frantumi i suoi ambiziosi progetti, unite ad una profonda crisi religiosa e soprattutto all’illuminata direzione spirituale del cardinal De Berulle, operano in lui  una radicale conversione verso i poveri al punto che, quando nel 1617 si trova a dover gestire la delicata situazione di un’intera famiglia costretta a letto dalla malattia, non solo riesce a suscitare la carità dei parrocchiani, ma soprattutto è in grado di perfettamente organizzarla. Nella convinzione che “i poveri hanno sofferto più per mancanza di organizzazione che di carità”, fonda ed organizza le Compagnie della Carità, che si diffondono a macchia d’olio in tutta la Francia, andando di pari passo con le Missioni che Vincenzo predica con successo, soprattutto nelle campagne, risvegliando la fede e suscitando un fervore sopito a causa di una catechesi lacunosa e un’istruzione religiosa a dir poco carente. I sacerdoti che si raccolgono attorno a lui, condividendone l’ansia di rievangelizzare le campagne francesi e la convinzione che la povertà spirituale non è né meno grave né meno dannosa di quella materiale, danno vita alla Congregazione della Missione.  Dato che poi alle “Compagnie della Carità” aderiscono di preferenza donne di nobili condizioni, non sempre disposte e spesso neanche capaci di svolgere i più umili servizi nelle case dei poveri, Vincenzo fonda le “Figlie della Carità”. Ad esse chiede di avere “per monastero solo le case degli ammalati; per cella una camera d’affitto, per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città, per clausura l’obbedienza, per grata il timor di Dio, per velo la santa modestia”. Niente, cioè, a cominciare dall’abbigliamento, li deve differenziare dalle donne del popolo, per essere soltanto “Serve dei Poveri”: non più “monache”, dunque, ma “suore”, cioè sorelle e compagne di viaggio di tutti, specialmente di chi fa più fatica. Insegna loro che i poveri devono essere “nostri signori e nostri padroni“ e ripete senza stancarsi che devono “amare Dio e i poveri, ma a spese delle nostre braccia e col sudore della nostra fronte”.  Vincenzo de’ Paoli, il prete che i poveri avevano “salvato” da un avvenire all’insegna della mediocrità e senza problemi economici, si spegne il 27 settembre 1660 . È vestito, seduto su una sedia, vicino al fuoco... come in attesa di qualcuno. Dopo aver insegnato che Dio è presente nei poveri, ripetendo alle sue suore fino alla noia: “Dieci volte al giorno andrete a visitare gli ammalati, e dieci volte vi incontrerete Dio”,  egli lo incontra quella sera, perché le sue ultime parole sono “Gesù, Gesù”, come a salutare chi gli viene incontro, cioè quel Gesù che aveva cercato, curato, fasciato e ripulito nella persona dei tanti sofferenti che aveva incontrato nella sua vita.