Fra’ Cecilio Maria Cortinovis – 1 continua

Testimoni del Risorto 29.06.2016

“Sai che il Signore ti vuole bene?”: è la domanda, semplice e sconvolgente ad un tempo, che fa a chiunque lo avvicina e che, a volte, è capace di risvegliare un desiderio sopito o far intraprendere un nuovo cammino. Della cosa è profondamente convinto innanzitutto lui, che si sente così amato e coccolato da Dio da poter dire: “Prima che io lo pensi, Egli ha già pensato a me, prima che io lo cerchi, Egli ha già cercato me, prima che io lo raggiunga, Egli ha già raggiunto me, prima che io lo possegga, Egli ha già posseduto me”. Nasce a Nespello, frazione di Costa Serina (Bergamo) il 7 novembre 1885, settimo dei nove figli di una famiglia contadina. È soprattutto mamma, con “la silenziosa ma costante adesione di papà”, ad educarlo ad una fede vigorosa, che mette radici nella messa dell’alba, scarpinando di buon mattino accanto a lei, per parecchi chilometri lungo i sentieri di montagna. Se può sembrare un sacrificio troppo grosso o uno sforzo esagerato per un bambino di appena sei anni, questi non ha che da guardare come fa la mamma, che alla messa non manca mai, neanche con la febbre addosso, perché, dice, “se vado a messa mi passano tutti i malanni”. “Prima l’anima e poi il corpo”, è solita dire in casa, possibilmente ad alta voce perché i figli imparino e, se è necessario, lavora di notte anche per parecchie ore, pur di poter andare il mattino dopo a messa. Incredibile a dirsi, soprattutto se si considera quel che farà in seguito, quel bambino dà il più grosso dispiacere ad una mamma così devota non volendo mai imparare a fare il “chierichetto” perché “ad avvicinarmi all’altare mi mettevo a tremare e così me ne rimasi lontano”. Evidentemente il bambino, cui “sembrava che per avvicinarmi all’altare bisognava essere tutt’altro di quello che ero io”, deve ancora fare parecchia strada prima di arrivare a concepire che il principale attributo di Dio è la misericordia, che poi egli sarà chiamato ad incarnare ed insegnare con sfumature delicatissime. Intanto si addestra nel duro lavoro, sui campi scoscesi e per i ripidi viottoli sui quali conduce quattro mucche al pascolo o va a far legna, mentre tra un campanile e un pilone gli nasce in cuore la chiamata ad una totale consacrazione al Signore. Ci vogliono anni per far maturare quella indistinta voce e quella non ben definita chiamata, insieme all’accompagnamento silenzioso e discreto del parroco che al momento giusto lo indirizza verso i Cappuccini. Lascia scoccare i 22 anni prima di entrare in convento, dove insieme al sacro abito gli fan prendere il nuovo nome di fra’ Cecilio Maria Cortinovis, e di convento in convento finisce per approdare a quello di Milano il 29 luglio 1910: vi resterà per più di settant’anni, cioè quasi tutta la vita. Non sarà mai prete, forse perché fin troppo conscio dei suoi limiti culturali: sceglierà di essere semplice fratello laico, strizzando l’occhio alle missioni in cui gli piacerebbe spendersi, magari a servizio dei lebbrosi, ma in definitiva lasciando che i superiori scelgano per lui, come obbedienza gli impone e come la progressiva ricerca della volontà di Dio lo abitua a fare. Sono infatti i superiori a concordemente ritenere che la sua miglior missione e il suo più idoneo campo di apostolato sia proprio la Milano di inizio secolo scorso, con le sue sacche di povertà materiale e spirituale, neanche sognandosi di fargli cambiar convento perché ammirati di tutto il bene che l’esile frate è in grado di fare in una città che si sta trasformando in metropoli. Le mansioni che gli sono affidate sono le più svariate, dal sacrista al refettoriere, dall’aiuto portinaio all’infermiere. Fra’ Cecilio, che si sta liberando dalla paura che da bambino gli impediva di avvicinarsi all’altare e di fare il chierichetto, scopre che la misericordia di Dio è più grande di ogni peccato e trova la sua delizia nel servire più messe che può, trascorrendo tutto il suo tempo libero davanti al tabernacolo. E sembra sia proprio qui, dicono quanti hanno studiato il suo itinerario spirituale, che “matura nell’amore”, cercando “l’amore di Dio” sopra ogni cosa e ad ogni costo. “Solo in seguito, a misura che cresceva in lui questa carica d’amore, ha imparato a guardare ai fratelli, poveri e non poveri, con gli stessi occhi di Dio (per questo aveva gli occhi sempre più luminosi...) e ad amarli con lo stesso cuore di Dio”. Per cui di lui si può veramente dire che “non i fratelli poveri e sofferenti gli hanno fatto strada all’amore di Dio, ma l’amore e la pienezza del suo Dio lo hanno condotto ai fratelli”.
(1 - continua sul prossimo numero)