Padre Brochero – 2

Testimoni del Risorto 05.10.2016

Possiamo quindi anche solo immaginare quali e quanti dubbi questo suo stile di parlare e scrivere abbia fatto sorgere nei censori-teologi durante il processo di canonizzazione, fino a giudicarlo troppo basso e addirittura sgrammaticato, dimenticando forse che il prete in questione nel 1869 ha ottenuto a pieni voti, all’Università di Cordoba, il titolo di Maestro in Filosofia, per cui lo stile dimesso che utilizza altro non vuole essere che una strategia di “incarnazione”. Che, in ogni caso, ottiene l’effetto sperato, a giudicare anche solo dalla fama che circonda il “Cura-gaucho” (cioè il “prete-mandriano”), già in vita ritenuto santo dalla sua gente, al punto che nel 1883, a Cordoba, distribuiscono la sua biografia e dal 1906 il suo nome è citato nei testi scolastici. Lo pensionano nel 1898, quindi prima dei 60 anni, per motivi di salute, non potendo più reggere ad un ritmo di vita davvero sfibrante cui da parroco non saprebbe rinunciare. Nominato canonico della cattedrale di Cordoba, dimostra subito che questo posto non fa proprio per lui, cosicché quattro anni dopo gli devono affidare di nuovo la parrocchia di Villa del Transito, di cui prende possesso ad agosto 1902: con lo stesso stile e il medesimo ritmo, incurante dei riguardi che dovrebbe avere per la sua salute. Sembra trascuri anche le più elementari precauzioni quando si tratta di assistere i malati, cui da sempre vanno le sue preferenze e le sue attenzioni. Avviene così che un bel giorno viene contagiato dalla lebbra per colpa del famoso “mate”, che imprudentemente (o generosamente?) ha voluto condividere con alcuni lebbrosi che sta assistendo. Devastato progressivamente dalla malattia, nel 1908 deve rinunciare alla parrocchia, questa volta definitivamente, e rientrare nel suo paese natale dove una sorella si prende cura di lui. Accecato dalla lebbra e praticamente sordo, inizia così il periodo della sua decadenza fisica, durante il quale sente di ricevere da Dio “il compito di cercare la mia fine e di pregare per gli uomini passati, presenti e quelli che verranno fino alla fine del mondo”. Evidentemente, pur se menomato, ai suoi “vecchi” parrocchiani il “Cura Brochero” va bene anche così, tanto da reclamarlo a Villa del Transito nel 1912, reso ormai un rudere ma ancora capace di riprendere in mano l’unica cosa lasciata in sospeso, cioè l’ampliamento della linea ferroviaria. La completa cecità non gli impedisce di celebrare messa, ma deve accontentarsi dell’unica che riesce a ricordare a memoria, cioè la “messa della Madonna” e la cosa non gli deve dispiacere, visto che si tratta della “mia Immacolata”. “Ora ho gli attrezzi pronti per il viaggio”, sussurra il 26 gennaio 1914, poco prima che il suo cuore cessi di battere. Subito i suoi gauchos, ma in fondo l’Argentina tutta, gli tributano grandi onori e ne tramandano il ricordo: per loro, in fondo, non ci sarebbe bisogno di un processo canonico che certifichi una santità di cui sono già convinti e fieri. Per la Chiesa, invece, ci vuole più tempo, 50 anni per l’esattezza, perché solo nel 1967 si avvia il processo che registra pause, spinte, frenate, accelerazioni, perplessità; le stesse, cioè, che si verificano nel successivo mezzo secolo, in cui a fare problema è soprattutto lo stile utilizzato dal “Cura Brochero” per incarnare il Vangelo nella sua terra. Nel 2004, con Papa Giovanni Paolo II, viene riconosciuta la sua venerabilità, cioè l’esercizio eroico delle virtù, poi inizia la paziente attesa del “segno dal cielo”, cioè del miracolo che apra la strada alla beatificazione. È Benedetto XVI, nel 2012, a riconoscere un miracolo verificatosi nel 2000 per intercessione del padre Brochero, di cui pertanto si fissa la beatificazione, che avviene a settembre 2013, naturalmente nella sua parrocchia e, per una eleganza della Provvidenza, durante il Pontificato del primo Papa argentino. Poco più di un mese dopo arriva il secondo miracolo, riconosciuto nel 2015, che consentirà a Papa Francesco di proclamarlo santo il prossimo 16 ottobre. Sono miracoli, se vogliamo, di basso profilo, in pieno “stile Brochero”, entrambi compiuti in Argentina ed entrambi a favore di bimbi: il primo salvato da uno stato vegetativo in seguito ad un incidente stradale, la seconda strappata a 45 giorni di coma per le violenze subite in famiglia. Sono la firma di Dio sullo stile misericordioso, checché ne pensino gli uomini, con cui don Brochero ha vissuto il suo sacerdozio.
(2 - fine)