centallo. La definisce “una bellissima avventura”, Gabriele Cataldo, quella da lui iniziata alcuni anni fa, che lo porterà, domenica 13 novembre (alle 18 in Cattedrale a Fossano), all’ordinazione diaconale; un ministero, a suo dire, “da scoprire e valorizzare oggi nella Chiesa, che si svolge in mezzo alla gente per annunciare Gesù. Per dare risposte concrete alle numerose povertà dell’uomo di oggi, da quelle materiali a quelle spirituali”.
Gabriele Cataldo sarà così il quinto diacono permanente della diocesi di Fossano, dopo Stefano Mana, Gianpiero Pettiti, Paolo Tassinari e Giuseppe Valenti.
Nato in provincia di Salerno, Cataldo si è poi trasferito a Omegna, in provincia di Verbania, e, dal 1986, è infine diventato centallese d’adozione. Ha lavorato come capostazione per le Ferrovie dello Stato, e adesso è in pensione da un po’ di tempo. Sposato con Tina da 35 anni, è padre di due figlie; Anna (coniugata con Gianluca), e Aurora, “che si sta preparando al matrimonio cristiano”.
Ha portato a termine gli studi teologici presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano, conseguendo la relativa laurea, e sente molto la sua appartenenza alla parrocchia di San Giovanni Battista in Centallo, dove già svolge diversi servizi. Catechista per ragazzi, animatore della catechesi battesimale per adulti, ministro straordinario della comunione, è impegnato inoltre nel servizio di accoglienza in canonica, nella casa di riposo “San Camillo”, e insegna italiano agli immigrati.
La sua fede, semplice e pratica, è stata “ricevuta in dono dai suoi genitori”, come lui stesso ama ricordare, e da tutte quelle persone che hanno avuto a cuore la sua formazione. Una fede maturata “e poi fiorita anche con questa vocazione diaconale” giunta, per certi versi, inaspettata. “Svolgevo servizio nella mia comunità parrocchiale - ci spiega - quando alcune persone mi hanno chiesto di iniziare il cammino come aspirante diacono permanente. Non è stato dunque un colpo di fulmine, ma un cammino graduale”. Che lo ha portato a passare dai suoi timori iniziali “a una risposta gioiosa e convinta”.
Di tutto questo è grato alla sua famiglia, che, con lui, “ha accettato questa nuova avventura”, inizialmente “spiazzante anche per loro, e di cui ora sono invece tutti felici”. E poi è grato al suo padre spirituale, “che mi ha seguito passo dopo passo, ai miei formatori, che mi hanno ascoltato in questo cammino lungo e impegnativo, alla mia comunità, che mi ha sostenuto, e ai molti amici che mi hanno dato l’input, su cui io ho poi riflettuto con la mia guida spirituale. E quindi, naturalmente, a mia moglie, che ha un ruolo importantissimo in questo cammino, in quanto coinvolge pienamente anche lei. Questo ministero, infatti, si inserisce nel sacramento del matrimonio; siamo in due ad aver condiviso e fatto questa scelta. Anche se il diaconato è conferito soltanto all’uomo, e i nostri ruoli sono diversi, viene però portato avanti nella comunione di coppia”.
Un ministero di cui Cataldo è rimasto ulteriormente affascinato anche dalla lettura del capitolo sesto degli Atti degli Apostoli, “per il ruolo del diacono descritto come aiuto ai presbiteri, che ancor oggi - afferma - non possono fare tutto loro e vanno alleggeriti di qualche peso”. Eppure, anche tra i credenti, non tutti riescono a comprendere perché mettersi a servizio della Chiesa proprio attraverso il diaconato permanente, se in realtà i laici non ordinati possono ugualmente farlo.
“Ho capito - ci dice l’interessato, non senza un po’ di emozione - che questo ministero ha una dimensione diversa rispetto alle attività svolte come volontario, perché, oltre la gratuità, richiede disponibilità totale, e che sia per sempre. Come il salmo 23 dice di abitare nella Casa del Signore per lunghi giorni, così io voglio dedicare la mia vita a questo servizio”. E da quando questo suo status di aspirante diacono permanente si è risaputo, “le persone mi hanno avvicinato, cercando in me qualcosa di particolare, aspettandosi una parola in più rispetto a prima. Mi sono sentito maggiormente chiamato ad essere persona autentica. E oggi mi sento pronto e felice di servire la Chiesa e i fratelli, imparando da loro come si può fare; ho ricevuto tanto e voglio dare anch’io qualcosa!”.
Intanto, per ora, “continuerò a fare quello che già stavo facendo”, almeno fino a quando non ci saranno altre disposizioni del Vescovo, a cui, come diacono, deve obbedienza per lo svolgimento del suo ministero. La sua sensibilità desidererebbe però “che non mancasse mai, negli impegni futuri, il servizio ai fratelli ammalati, per dare loro un po’ di sollievo”. Con la disponibilità, comunque e sempre, ad esserci laddove “ce ne sarà più bisogno”.