Una mostra postuma ad Alba ricorda Giorgio Borgogno

Acquerellista allievo di Oreste Tarditi

Si è inaugurata venerdì 9 dicembre in San Domenico ad Alba una mostra retrospettiva postuma dedicata a Giorgio Borgogno, acquerellista allievo di Oreste Tarditi che, seppur suo maestro, non lo ha influenzato nella sua espressività.

Al tempo stesso quella sua frequentazione artistica a fianco dell’acquerellista di Novello, viene celebrato anche a Mondovì in una collettiva di rango.

Dimostrazione, il tutto, se ce ne fosse bisogno della bravura di questo artista che ha saputo raccontare il suo amore per la pittura e per la sua terra con una serie di fogli indimenticati e suggestivi. 

In realtà la rassegna che ripresenta le opere di Giorgio Borgogno è stata aperta il 4 dicembre precedente anche se l’inaugurazione ufficiale è avvenuta cinque giorni dopo; resterà aperta nella prestigiosa sede espositiva di san Domenico fino al prossimo 27 dicembre.

Torna in questa mostra postuma tutto il mondo poetico e bucolico di Giorgio Borgogno, torna l’amore per le sue Langhe che egli ha colto nello splendore fresca e ariosa della primavera, nella calura assolata dell’estate, nei colori dolci ed affascinanti dell’autunno e nelle algide atmosfere degli inverni di Langa silenziosi e dormienti.

Per questa sua mostra, che Giorgio non ha potuto allestire ma che le sue figlie e la moglie hanno saputo curare con l’attenzione che lui avrebbe voluto, potrei trascrivere quanto già ho scritto in passato, commentando le varie sue rassegne ed in particolare per presentarlo nella sua personale a Palazzo Salmatoris di Cherasco nel 1999 e poi nell’altrettanto ampia sua rassegna fossanese in San Giovanni in borgo Vecchio nel 2008.

Non è il caso di tornare sul suo curriculum che l’ha visto cimentarsi prima con l’olio e poi, dal 1970 in poi, solo con l’acquarello;  credo però si debba dire che questa tecnica difficile e senza possibilità di ripensamenti l’ha affinata frequentando lo studio e il girar per Langa di quell’indimenticato Maestro che è stato Oreste Tarditi.

Da subito Borgogno ha capito la lezione del maestro, così come da subito da lui ha preso le distanze, avviandosi  ad una forma espressiva assolutamente personale :da subito ha preferito marcare maggiormente l’accostamento cromatico ,con un discorso coerente che mira sempre più spesso ad evidenziare un particolare ( magari tre alberi spogli in primo piano) utilizzando i grigiblu, i colori neutri, le cromie smorzate e valorizzando al massimo i bianchi in un gioco di chiaroscuri di grande suggestione.

Accanto alle sue nevi che restano nella memoria, tutta una serie di scorci di paesaggio colti soprattutto nelle stagioni; dove  la tavolozza si arricchisce sempre di nuove cromie e studio della luce, senza essere mai troppo squillante.

Si muoveva con Tarditi per le strade di Langa per incrociare vigne autunnali, peschi in fiore,campi di grano e colline innevate nel periodo invernale e piano piano maturava questo stile così caratteristico che per certi aspetti lo accosta al maestro ma più spesso da lui lo stacca perché il suo raccontare è per certi versi più allegro e solare .

Accanto all’acquarello che padroneggiava con grande sicurezza, l’artista coltivava in modo raffinato il guazzo a china.

Le sue chine sono condotte con una tecnica assai simile all’acquarello così che i risultati si fanno altamente suggestivi ,vuoi per la delicatezza della descrizione vuoi per i sapienti giochi luministici del bianco come nelle sue mirabili “nevi” all’acquarello.

Ho ancora negli occhi una delle sue “nevi” del 1978 e cioè un “Inverno a Costamagna (di Lequio)” e mi sembrava, allora come ora, che bene si accostasse al nutrito gruppo di vedute invernali e non che vennero presentate in quella rassegna.

Perché quella mostra, per certi versi, costituì una sorta di sua antologica e per altri versi ancora una specie di retrospettiva. Tra le centinaia di opere che Giorgio conservava nel suo studio ne scelse una cinquantina che mostrassero un poco tutte le tematiche che egli era venuto via via affrontando.

Nel suo percorso una caratteristica si evidenziava subito ed è la straordinaria coerenza del suo discorso pittorico che si è fatto man mano più raffinato ma che non ha subìto deviazioni da un percorso che lo ha portato ad una figurazione sempre presente anche se,  sempre più spesso, tendeva ad evidenziare un particolare, saranno soltanto tre alberi o un gruppo di case, utilizzando frequentemente i colori neutri, magari i grigi/blu, oppure smorzando le cromìe e valorizzando i bianchi in un gioco di chiaroscuri che appaiono, ieri come oggi di viva suggestione.

Il suo era un modo di raccontare il paesaggio che gli conoscevo bene fin dai tempi delle sue ripetute mostre monregalesi  dove con indovinate e stimolanti considerazioni lo ha presentato l’amico Remigio Bertolino quando rimarcava che “le linee del paesaggio si dissolvono in abbaglio, in algidi fulgori” per quelli che definiva “sogni di bellezza”.

Se andate ad Alba fino al 27 dicembre non mancate di visitare questa bella mostra che ricorda un artista vero della nostra terra purtroppo scomparso troppo presto.