La finanza merita una lezione

E' necessario che paghi pegno per essersi del tutto distaccata dall'etica

C’è giustizia dentro la nostra economia? Parliamoci chiaro: no. E non c’è nulla quanto le recenti vicende bancarie per testimoniare che la legge e le regole non solo uguali per tutti. Quindi sono ingiuste.

Assistiamo a tracolli bancari di dimensioni clamorose, dal Montepaschi di Siena alla Popolare di Vicenza; da Banca Etruria a Veneto Banca. Vediamo immensi capitali bruciati da un combinato di incapacità, malafede, cattive regole, decisioni sbagliate. Guardiamo le sicurezze di un tempo – le banche – trasformarsi in fuscelli in balia di venti troppo forti, ai limiti di naufragare portando con sé i posti di lavoro e i risparmi di migliaia di persone.

Ma la cosa che indigna è un’altra. I comandanti fuggono, abbandonano i vascelli senza pagare il fio delle loro colpe, senza nemmeno qualche scusa ma anzi ricoperti d’oro, rimpinzati di soldi dati per le loro malefatte. I presidenti e i direttori generali di molti istituti in cattive acque hanno lasciato il loro posto (o sono stati cacciati) con liquidazioni milionarie; qualcuno ha addirittura fatto causa: mi spetta di più, pretendo pure questo e quello.

Peccato che poi il conto finale lo debbano pagare coloro che un milione di euro non lo vedono nemmeno da distante in tutta la loro vita. Si parla di “esuberi” come fossero noccioline: sia per la leggerezza con cui è trattata la perdita di migliaia di posti di lavoro (sono altrettante migliaia di tragedie personali e familiari), sia per la malsana euforia che ciò provoca ai padroni – gli azionisti – di quelle banche. Alla notizia del nuovo piano industriale sfornato dai manager di Unicredit (un taglio del personale da 6.500 unità), la Borsa ha brindato. A champagne.

Già, sono stati “tagliati i costi”, non più “sostenibili”; mentre certe retribuzioni assolutamente spropositate, certe buonuscite scandalose sono doverose, giuste, parametrate alla capacità di manager qualificati, di illustri presidenti.

Capacità? Mandare in malora una banca che ha 500 anni, tanto per fare un esempio, è frutto di una capacità da ripagare con milioni di euro?

Si ritorna al concetto di giustizia. Ma qui siamo dentro una foresta popolata da lupi e volpi, dai più forti e i più furbi. Quelli che cadono – quando cadono – sempre in piedi. E non pagano mai, né economicamente né penalmente, il conto delle loro “capacità”. Siccome il vizio non si ferma ai confini italiani (fioccano pure da oltreoceano le notizie di amministratori delegati distruttori di valore e di posti di lavoro, che se ne vanno sommersi di dollari), allora c’è da dire che questo capitalismo, questa finanza che non ha più nessun aggancio con l’etica, è ora che riceva una bella lezione dalla politica, dalla magistratura, dai risparmiatori, insomma da noi cittadini che non siamo suoi sudditi e che dobbiamo avere la forza di imporle regole giuste e rispettate.