Benedetta Rencurel – 1

Testimoni del Risorto 04.01.2017

Nessuno si lasci ingannare, se diciamo che è contemporanea di Luigi XIV: non c’è affinità tra i due, se non anagrafica, perché Benedetta Rencurel altro non è che una semplice pastorella, povera ed analfabeta, che ha la ventura di condividere con il “Re Sole” un’epoca tristemente travagliata da tensioni politiche, sociali e religiose. Cresciuta in una famiglia di fede profonda, che però vive ai limiti dell’indigenza, piomba a sette anni nella più completa povertà a causa della morte del babbo, unica fonte di sostentamento di mamma e delle due sorelle. Per questo si ritrova a dover badare al gregge di una famiglia benestante, avendo come unica occasione di istruzione la predica domenicale del parroco e come unica proprietà, oltre ai vestiti che indossa, una corona del rosario che si è fatta regalare da mamma e che recita in continuazione. La mancata istruzione e le condizioni di vita isolata l’hanno resa vivace e rude, testarda e molto attaccata alle cose ed agli animali che fa pascolare. A questo “zero sociale”, con tendenze mistiche e molti limiti di relazione, il Cielo sta per fare una sorpresa, per dimostrare, non solo a lei, che non è per niente estraneo alle sofferenze degli uomini. A maggio 1664 Benedetta, che non ha ancora compiuto 17 anni, comincia ad incontrare, mentre è al pascolo, una dolce e sorridente signora, spesso in compagnia di un bambino, con la quale il primo giorno vorrebbe condividere il pane secco della sua colazione, ammollato secondo il suo solito nell’acqua di sorgente. È un’apparizione quotidiana, all’inizio silenziosa, sempre rassicurante, come se la signora volesse innanzitutto, con una lunga frequentazione, conquistarsi la fiducia della ragazza, a lei rivelandosi soltanto il 29 agosto come “Maria, la Madre del mio carissimo Figlio”. A poco a poco, in quasi quattro mesi, con la sempre efficace “pedagogia dei piccoli passi”, si prende cura dell’istruzione religiosa di Benedetta soprattutto attraverso il metodo domanda-risposta, come per educarla alla grande missione che le vuole affidare, nel pieno rispetto delle sue capacità di apprendimento, pazientemente accettando la sua ingenuità e anche i suoi evidenti limiti. Dopo un mese di assenza, di cui Benedetta è stata preavvertita come ben si conviene tra persone educate, che è servito a limare la sua curiosità e ad aumentare il desiderio di rivederla, la signora riprende la serie dei suoi incontri a fine settembre, ma solo per dare appuntamento a Benedetta in altro luogo “che ho chiesto a mio Figlio per la conversione dei peccatori e che Egli mi ha concesso”. Si tratta della piccola cappella “del Buon Incontro” nella frazione di Le Laus, da tempo in stato di completo abbandono e che Benedetta individua grazie ad un intenso profumo di violette, come le era stato preannunciato. Qui infatti la trova, già in paziente attesa, come se non vedesse l’ora di riprendere gli incontri; qui chiederà venga costruita una chiesa più grande “per accogliere tutti i pellegrini”, con annessa una casa per ospitare i sacerdoti addetti alle confessioni; qui si farà vedere per i successivi 54 anni, con un’assiduità da far invidia a Medjugorje. Perché la Madonna (come ormai Benedetta si è convinta essa davvero sia) in questa sperduta vallata alpina sembra volersi manifestare come la Madre misericordiosa, più che altro interessata a favorire l’incontro dei peccatori con la Misericordia di Dio. Frutti insperati di conversione si raccolgono fin dai primi spontanei pellegrinaggi, che da marzo 1665 cominciano a muoversi verso la cappelletta che ha ripreso vita e decoro, cominciando da subito a rivelarsi insufficiente, come la bella Signora aveva previsto. Le guarigioni fisiche con sapore di miracoloso (che pure avvengono, se ne calcolano una sessantina solo nei primi mesi) sembrano avere principalmente funzione di “segno”, quasi un’autenticazione del dialogo tra cielo e terra che in quel luogo sta avvenendo. Ad esempio, la guarigione miracolosa di Caterina Vial a settembre 1665 sembra avvenga apposta per convincere il pur già favorevole vicario generale di Embrun, arrivato a Le Laus per una prima inchiesta sulle apparizioni. Le gambe della donna (prima rattrappite al punto che i calcagni toccano il fondoschiena) si raddrizzano prodigiosamente proprio al termine della prima escussione dei testimoni, impressionando talmente il vicario che se ne torna a casa non solo certo della veridicità delle apparizioni, ma anche pienamente convinto di aver assistito ad una manifestazione della “mano di Dio”.
(1 - continua)