Crisi Alitalia. Vitale (economista), no al fallimento

La crisi di Alitalia "fa parte della ritirata su tutti i fronti che l’industria italiana sta compiendo da più di un decennio"

“Continuerò a volare Alitalia: ho già comprato un biglietto intercontinentale per il prossimo ottobre”. A esprimere rinnovata fiducia è Marco Vitale, economista d’impresa, una storia che l’ha visto consulente di numerosi gruppi imprenditoriali italiani (tra cui Smeg, Recordati, Snaidero, Zegna, Zucchi), impegnato nel settore bancario (Gruppo Arca, Bpm) e dal 2010 al 2013 presidente del Fondo italiano d’investimento nelle piccole e medie imprese. La crisi dell’ex compagnia di bandiera, a suo avviso, “fa parte della ritirata su tutti i fronti dell’industria italiana”. Lo incontriamo mentre l’assemblea dei soci, dopo il referendum tra i lavoratori che ha bocciato il piano di ristrutturazione, si accinge a dare avvio all’amministrazione straordinaria.

Alitalia continua a sembrare un pozzo senza fondo. Eppure risale appena al 2008 la “cura dimagrante” con migliaia di esuberi, che portò alla cordata d’imprenditori italiani…

Alitalia fa un lavoro di qualità, probabilmente troppo caro sul fronte dei costi. La retorica della compagnia di bandiera, che ha portato al disastro dei “capitani di sventura”, non ha alcun senso in un mercato così intrecciato, globale, intercambiabile come quello del volo. Se Alitalia si spegne, il servizio viene semplicemente offerto da altre compagnie. Piuttosto, questa è un’altra delle crisi che rischiano di far sparire le nostre aziende, fa parte della ritirata su tutti i fronti che l’industria italiana sta compiendo da più di un decennio: dall’Olivetti che sparisce alla Fiat che espatria, alla Pirelli.

Si possono individuare dei responsabili?

È una dimostrazione della scarsissima capacità della classe di governo italiana, che quando è chiamata a prendere decisioni di natura industriale e di affidamento manageriale fa sovente la selezione degli incompetenti, con esiti disastrosi. In secondo luogo, è prova della scarsa qualità del top management, soprattutto quando la selezione è politica. Questa volta c’è anche il fallimento di un gruppo d’imprenditori che ha dato pessima prova. Infine, è un ennesimo fallimento dei sindacati, demagogici e incapaci di affrontare i problemi. Continua a leggere...