Una pittrice “irregolare”: Isabella Del Grande a palazzo Samone

Inaugurata a Cuneo venerdì 12 maggio

Venerdì 12 maggio alle 17 a Cuneo, in palazzo Samone si è inaugurata una mostra personale (forse è la prima) di una pittrice “irregolare” quale può essere qualificata Isabella Del Grande che dipinge (così mi è sembrato di capire) dal 2011 e che si è approcciata alla pittura in maniera del tutto autodidatta mentre prima professionalmente ha frequentato un ambiente del tutto diverso.
Questa mostra conferma, come ha scritto recentemente per una mostra monregalese l’amico Lorenzo Mamino che “la pittura, specie quella ‘informale’ è un linguaggio diffuso, possibile a tutti” per aggiungere poco dopo che “esso, come strumento senza rigidità e senza peso, può essere usato in parallelo alla scrittura e alla parola, con leggerezza o con esattezza, con accentuazioni o con omissioni”.
Anche questa pittrice utilizza la pittura nel linguaggio che si usa definire informale e, pur denunciando a volte gli scarti tipici degli autodidatti, mi sembra mostri di aver avuto conoscenza in maniera approfondita e colta se non dei principi ispiratori certamente degli stilemi che i cultori di tale forma espressiva hanno usato.
Nel secondo dopoguerra, quando i disastri e le distruzioni belliche hanno lasciato sconcertati un po’ tutti (anche gli artisti) la pittura diventa informale abbandonando il figurativo e al tempo stesso anche quel rigore che caratterizza l’astrattismo con le sue geometrie. L’artista ha chiara percezione della propria incapacità a trasmettere messaggi e quindi si affida all’utilizzo dei materiali più disparati per far fronte ad una urgenza di comunicazione nuova. Si pensi all’espressività di Fautrier ed ai suoi “ostaggi”, al modo scelto da Dubuffet per raccontare la “vita inquieta” e, ancor più, al modulo espressivo di Burri con i suoi sacchi (di tela o di plastica) bruciati e bucati ed all’uso di colla e materie plastiche per creare “composizioni bianche”.
In altre parole per informale si intende il dipingere senza forma, cioè senza avere già l’opera in mente, ma improvvisando sull’onda delle emozioni con una spontaneità mai vista, senza figure riconoscibili, senza prospettiva né geometria; e soprattutto lasciando che colori e materiali diventino i veri protagonisti sulla tela. È un momento importante nella storia dell’arte, perché l’artista segue solo il suo istinto, completamente autonomo dai giudizi della critica e del pubblico.
In un momento successivo si arriva all’esaltazione del gesto e della materia e si potrebbe continuare ad elencare i molti artisti che si sono distinti in questa direzione (cito soltanto Wols che a me è sempre piaciuto molto). Questo vasto movimento si divide così sostanzialmente in tre gruppi: gestuale, materico e segnico.
A questo punto, accanto ai grandi maestri, (l’amico Mamino scegliendo tra nomi monregalesi di indica “patroni”) si sviluppa tutta una serie di artisti tra cui molti sono gli autodidatti che mi permetto di definire (copiando ancora Mamino) anch’io come “irregolari”.
Mi sembra di poter collocare in questo gruppo anche Isabella Del Grande pur essendo necessarie una serie di precisazioni e mi riferisco alle superficialità tipiche di chi non ha pienamente assimilato i concetti guida dell’informale e cioè la fretta, la mancanza di collegamenti a quelli che sono la meraviglia, la leggerezza e la sicurezza delle scelte cromatico-tonali..
Sono circostanze che molto spesso, soprattutto nelle opere dell’ultimo periodo, non possono addebitarsi alle molte delle opere della Del Grande che, persona sensibile e dotata di grande cultura sa sovente intuire certe necessità e certe esigenze nel fare pittura informale.
Ma come ella stessa testimonia, le scelte cromatico-tonali sono spesso calibrate sul suo momento esistenziale e sull’umore ed i sentimenti che lo agitano; per queste ragioni, probabilmente, intervengono scarti esecutivi che artisti più controllati sanno come evitare.
Nel complesso quindi una rassegna interessante che merita di essere vista osservandola con attenzione: non sarà difficile anche all’osservatore meno attrezzato cogliere i momenti più felici di questa espressività pittorica.