Lucien Botovasoa

Testimoni del Risorto 05.07.2017

A portarlo lungo il fiume per sgozzarlo è una banda di giovanissimi “rivoluzionari”, molti dei quali sono venuti a scuola da lui: per questo, forse, hanno le mani che tremano, a cominciare da quello che tiene il coltello. “Smettete di tremare, cercate di tagliare la gola con un colpo netto”, li incoraggia il martire, che non ha paura di perdere la vita, ma del momento in cui verrà decapitato sì. La morte cruenta di questo maestro non ha nulla a che fare con le beghe politiche del momento; e lui non può essere considerato una delle tante vittime della guerra indipendentista che ha insanguinato il Madagascar a metà degli anni Quaranta: è stata soltanto la fede cristiana a decretare la sua fine e a determinare la sua decapitazione. Questo, per la Chiesa, si chiama martirio, in forza del quale sarà proclamato beato, probabilmente entro la fine di quest’anno. Lucien Botovasoa nasce in un piccolo villaggio nel 1908, in una zona in cui i missionari sono arrivati da poco. Lo mandano a studiare in città, dai Gesuiti, perché si capisce a vista d’occhio che è destinato a sfondare nello studio e nella vita. Torna nel 1928, diplomato maestro e con tanta voglia di fare, con la sua prorompente vitalità, le sue doti di insegnante esperto e di musicista eccezionale. Oltre ad esibirsi con la tromba, il suo strumento preferito, canta, suona l’armonium, dirige il canto in chiesa. Pratica sport ed è particolarmente dotato per le lingue, tanto da destreggiarsi bene anche in francese, latino, tedesco, cinese ed inglese. È un insaziabile divoratore di libri e un pozzo di scienza che, insieme ad un carattere esuberante, gioviale e comunicativo, fanno di lui un leader indiscusso. Nel 1930 si sposa con Suzanne Soazana, che gli darà otto figli. Non si accontenta di una vita cristiana all’acqua di rose: vent’anni prima che il Concilio rivaluti il ruolo dei laici e “apra le porte” ad una santità diffusa in tutto il popolo di Dio, Luciano si sente pienamente realizzato nel suo ministero laicale. “Sono molto contento della mia condizione, perché mi ha chiamato Dio ad essere laico, insegnante e sposato”, risponde prontamente, a chi rimpiange che con tutte le sue belle doti non sia diventato prete. Cercando nei libri modelli di sposi santi da imitare, si imbatte casualmente nella Regola dei Terziari Francescani, che gli offre la possibilità di vivere una forma di consacrazione all’interno del matrimonio. Da quel momento la sua vita spirituale riceve nuovo impulso e assume un ritmo quasi monacale: porta il cilicio, digiuna il mercoledì e il venerdì, si alza ogni notte a mezzanotte per pregare in ginocchio, poi va in chiesa alle 4 del mattino per una prolungata preghiera fino al momento della messa. La moglie, fatta evidentemente di tutt’altra pasta, comincia seriamente a preoccuparsi che il marito un bel giorno abbandoni la famiglia per entrare in convento, così lui arrotonda lo stipendio con lavori straordinari per assicurarle un buon tenore di vita, mentre per sé sceglie la sobrietà assoluta anche nel vestire. Un cristiano così suscita gelosie ed invidie, anche perché ha un grande ascendente nel paese, addirittura presso i protestanti. Luciano, che non si è mai voluto interessare di politica, che ha vietato ai suoi fratelli di schierarsi politicamente, che non appoggia le iniziative filo-francesi anche a costo di urtarsi con il proprio parroco, finisce comunque nell’occhio del ciclone perché la religione, di cui egli è in paese una chiara espressione, è ritenuta connivente con il colonialismo francese da cui il Madagascar vuole affrancarsi attraverso la lotta armata. Nella settimana santa del 1947 inizia la caccia ai cristiani e si incendiano le chiese. Luciano, fuggito insieme agli altri nella foresta, è costretto però a ritornare al villaggio perché vigliaccamente ricattato dagli indipendentisti, che minacciano, se non si lascia catturare, di sterminare la sua famiglia e incendiare l’intero villaggio. “Non temo la morte…la mia unica preoccupazione è quella di lasciare voi”, dice il 16 aprile, giorno dell’arresto, che trascorre con la moglie e i figli. Dopo averli affidati al fratello (la moglie è in avanzato stato di gravidanza), viene nella notte processato per direttissima. “Anche voi riceverete il battesimo, ma in punto di morte”, profetizza al capo clan che lo condanna a morte, e la profezia si avvererà nel 1964. Poi, sulla riva del fiume, una preghiera per i suoi assassini, prima che la corrente trasporti il suo corpo così lontano da non essere mai ritrovato.