Padre Francesco Peyron arriva a Fossano “contento di collaborare con la Chiesa locale”

A fine settembre sarà nella casa dei missionari della Consolata

Una messa un po’ speciale, quella di domenica 17 settembre, nella Chiesa superiore della Certosa di Pesio, gremita fino all’altare (vedi foto in alto). Motivo di tanta partecipazione è il saluto che i presenti vogliono porgere a padre Francesco Peyron, per il suo imminente trasferimento alla casa dei Missionari della Consolata di Fossano, previsto entro la fine di settembre. Ma il celebrante festeggiato “non si aspettava” di vedere così tante persone, esprimendo a tutti “un grazie profondo ed una grande commozione interiore”.

Sacerdote del suddetto istituto religioso dal 1966, fino ad oggi superiore della Certosa, convinto sostenitore ed animatore entusiasta delle scuole di preghiera da 23 anni e sei mesi, cioè, (come ha spiegato nell’omelia), “da quando la direzione generale ha dato a me e agli altri padri il mandato di iniziare una casa di spiritualità missionaria”, Padre Peyron è anche apprezzato oratore e scrittore di libri di spiritualità. 

Quelli che lo seguono (tra le migliaia di coloro che hanno fatto almeno un’esperienza da lui diretta) sono arrivati un po’ da tutta Italia per incontrarlo, incoraggiarlo, fargli sentire il loro affetto; da Milano, Firenze e Toscana, e poi da Praga e perfino dal Canada. E quindi dalle diverse parti della provincia di Cuneo. “Ogni volto oggi qui presente lo conosco, perché mi ricorda una diversa scuola di preghiera” afferma il missionario. Che, instancabile, prima e dopo la celebrazione, continuerà non solo a salutare, ma anche a benedire, e a dedicare un po’ di tempo ai colloqui, cui non si sottrae mai. Sono il segreto del suo successo nella missione con i giovani, strettisi intorno a lui, che di anni ne ha molti più di loro; 79 compiuti proprio in questi giorni. “Sì, io credo che il segreto sia proprio quello di voler sinceramente bene ai giovani, ascoltarli, e cercare di condurli a quella pace che il Signore dà loro. I giovani sono generosi, aperti, ma hanno bisogno di guida, di sentirsi amati, di vedere che la vita che conducono ha un senso. Io credo che per seguirli non ci sia tanto un problema di età da parte di noi sacerdoti, ma quanto proprio la capacità di star loro vicino, cercando di aiutarli nello scoprire sempre più il senso vero e profondo dell’esistenza”. Le scuole di preghiera hanno contribuito proprio a questo, rispondendo “a quella sete per il Signore e per le cose spirituali, che la gente ancora nutre”. Nonostante, in questo tempo così confuso, sembri invece più vero l’opposto. “Quanti giovani e meno giovani - ricorda con passione -, si sono ritrovati con la bibbia in mano, nel silenzio della cappella del deserto, con questa pace che scende nei cuori, nell’adorazione e nelle confessioni, nelle chiamate a scelte di consacrazione, dopo un cammino di discernimento per ragazzi e ragazze dedicati totalmente a Dio, o, per altri ancora, con dei bei matrimoni”

Sono infatti tanti i “grazie” che si susseguono durante la celebrazione eucaristica; di chi ha ritrovato la fede, o il battesimo, o il rinnovamento della vita spirituale. E inoltre per aver dato speranza ed accoglienza a famiglie, dedicando loro il tempo, l’ascolto e la preghiera. 

“E adesso che mi trasferiscono a Fossano, vi chiederete: cosa mi passa nel cuore? Prima di tutto una grande riconoscenza a Dio per questo tempo trascorso qui. Poi, di fronte a tale obbedienza, sento di andare in pace e sereno, anche se sarei un ipocrita a dire che non c’è sofferenza, quella del distacco, l’amarezza, perché ho amato molto la Certosa, questa casa di spiritualità missionaria, ma so che, nella volontà di Dio, c’è il meglio. Ed è il cuore suo che mi chiede questo” pur attraverso la voce e la decisione dei superiori. “Come quando mi chiamarono dall’Africa per venire a Torino e poi qui alla Certosa”, ricorda pensando al passato. Una vita in movimento la sua, dopo essere stato “vice parroco a Londra, otto anni in Kenya, altri cinque come maestro dei novizi, poi parroco a Torino per quasi tredici anni”, quindi alla Certosa e infine a Fossano, dove, afferma scherzando, si augura di rimanerci almeno “per i prossimi cinquanta o sessant’anni!”. Alla casa dei missionari della Consolata, assicura, “la porta rimane aperta a quanti vorranno venire a parlarmi, a confessarsi; questo sicuramente continuerò a farlo”.

Ma, gli chiediamo infine, con quale progetto viene mandato nella nostra città? “Il progetto lo sa solo il Signore ed è tutto da scoprire - afferma -. L’obbedienza mi manda lì, e io sarò molto contento se potrò collaborare con il clero ed inserirmi bene nella chiesa locale. In base alle sue richieste, se potrò essere utile in qualcosa certamente non mi tirerò indietro. Sarò ben felice, insieme a loro, di farlo per i giovani e giovanissimi, per quanto sarà possibile, per quanto mi chiederanno, e per quanto il Signore mi indicherà”.