Madre Maria Nazzarena Majone

Testimoni del Risorto 27.09.2017

C’era a Messina, nella seconda metà dell’Ottocento, “un pezzo di terra maledetta, abitata da un branco di bestie umane”: era il fatiscente e degradato quartiere “Avignone”, in cui a partire dal 1878 comincia ad aggirarsi un diacono, che si è messo in testa di risanare anche spiritualmente quell’angolo di mondo così malfamato. Con grave scandalo dei messinesi benpensanti, che finiscono per chiamarlo “prete pazzo”, visto che anche da prete non perde il vizio di prendersi cura dei poveri; e davvero altro non può essere uno di nobile famiglia che si spoglia di tutto e si riduce ad elemosinare per dar da mangiare a pezzenti e diseredati. In quegli stessi anni, a Graniti, a circa 60 chilometri e alle falde dell’Etna, sta muovendo i primi passi la piccola Maria, ultimogenita dei coniugi Majone. Le discrete condizioni economiche della famiglia mutano con la morte prematura di papà e non le è quindi consentito fare grandi sogni per il suo avvenire, anche perché è l’unica a contribuire al sostentamento della famiglia con piccoli lavori agricoli a giornata. Non osa neppure dire a mamma che vorrebbe farsi suora e si confida solo con la sorella maggiore, Teresa, che ha lo stesso sogno e, in più, il corredo già pronto per entrare in convento. Quest’ultima, però, le cede il passo, donandole pure tutto il corredo e rinunciando per sempre al suo progetto di religiosa, e Maria parte insieme all’amica di sempre, Carmela D’Amore, per andare ad aiutare il “pazzo”, cioè don Annibale Maria Di Francia, il prete della solitaria e incompresa battaglia nel quartiere messinese più povero e malfamato che ci sia. Sembra che la Provvidenza, per le misteriose vie che essa soltanto conosce, abbia combinato di far incontrare lui, che sta sognando una congregazione di suore pronte a farsi ”mangiare” dai miserabili, con la ragazza che non ha paura di farsi povera tra i poveri e alla quale basta avere a portata di mano l’Eucaristia da ricevere e adorare e già le sembra di avere tutto, anche se ciò che l’attende avrebbe il potere di scoraggiare chiunque: cibo scarso, lavoro massacrante e umiliante, incomprensione e diffidenza dai poveri. Lei tiene duro, sopporta, si adatta ed è così che la ragazza di Graniti diventa la colonna portante, anzi la cofondatrice, delle Figlie del Divino Zelo fondate dal Di Francia. All’inizio, infatti, le era stato riservato un ruolo di secondo piano rispetto all’amica Carmela, più anziana di lei, ma quando si deve sostituire questa, per una sua reale o presunta rigidità, tutto il peso della neonata congregazione viene a cadere sulle spalle di Maria. Che, malgrado il nome impegnativo che le han dato, Nazzarena, fatica a star dietro al vulcanico fondatore, che sembra divorato dal fuoco della carità e non si arresta davanti a nessuna difficoltà, pronto sempre a dare una risposta ai bisogni che gli si appalesano, passando con disinvoltura dalla creazione di nuovi orfanotrofi all’apertura di mense e ricoveri per senzatetto, malati e anziani soli. Da lui suor Nazzarena impara a fidarsi della Provvidenza che infallibilmente interviene, addirittura con mezzi miracoli. Anzi, il Padre è talmente sicuro che lei abbia un filo diretto con il paradiso da spedirla, nelle necessità estreme, davanti al tabernacolo fino a che la grazia non arriva; e la realtà dei fatti conferma l’efficacia della sua intercessione, anche se poi il merito va a Sant’Antonio o a San Giuseppe, cui la neonata congregazione si affida volentieri. Il terremoto del 1908, che solo a Messina miete 80 mila vittime, li vede impegnati entrambi sul fronte della carità a soccorrere e ospitare orfani e senza tetto e, soprattutto, a progettare la ricostruzione, perché si sa che i santi non stanno con le mani in mano. Poi arrivano, a completare la sua donazione e la sua offerta di vittima, le sofferenze morali di un totale allontanamento dalla guida della congregazione, fino al completo isolamento degli ultimi cinque anni, travagliati anche dal diabete che la rende tutta una piaga. “Fate che nessuno bussi inutilmente alla nostra porta”, raccomanda, sulla scia di padre Annibale, ma c’è chi non capisce e critica questa sua prodigalità. Alla fine è bloccata a letto, per lentamente consumarsi. “Cercate di essere sempre buone e vogliate tanto bene a Gesù” è la raccomandazione fatta a chi l’avvicina nei suoi ultimi giorni, lasciando intravvedere che questa è stata la sua semplice ma efficace regola di vita. Madre Maria Nazzarena Majone si spegne il 25 gennaio 1939; riconosciuta l’eroicità delle sue virtù, si sta ora attendendo un miracolo per proclamarla beata.