Padre Giovanni Schiavo

Testimoni del Risorto 15.11.2017

Ci si può far santi anche nella quotidianità e nella più completa normalità, senza gesti eclatanti ed eventi straordinari. Ne è prova eloquente padre Giovanni Schiavo, prete tra i Giuseppini del Murialdo, le cui italianissime radici (è nato a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza) sono state trapiantate in Brasile, dove hanno trovato “il terreno fertile per vivere e praticare in modo eroico il Vangelo di Gesù”. Figlio di un calzolaio e di una casalinga, primogenito di nove figli, sperimenta in famiglia una povertà dignitosa unita ad una fede profonda, di cui il primo a beneficiarne è proprio lui: sono infatti le preghiere di tanti, unite alla fede dei suoi genitori, a strapparlo ad una morte ritenuta imminente, quando a 4 anni è colpito da meningite e poliomielite.  Resterà, come conseguenza, una certa qual fragilità di salute, che non gli impedisce tuttavia di scarpinare dodici chilometri al giorno, dalla sua casa in periferia fino a Montecchio centro, per frequentare le scuole medie, perché la famiglia non può permettersi di metterlo in collegio. E prima di scuola il piccolo Giovanni trova sempre il tempo per servire la messa dell’alba, partendo da casa quando è ancora buio: uno sforzo che fa volentieri, per fede innanzitutto, ma anche per via delle piccole mance che il celebrante gli passa che sono il suo piccolo contributo al bilancio familiare. Sarà per questo tirocinio e questi sacrifici, o non piuttosto per la devozione intensa alla Madonna che gli hanno trasmesso i genitori, che un bel giorno sente chiara e netta la vocazione alla vita sacerdotale. Per questo entra a 15 anni nel noviziato dei Giuseppini del Murialdo a Montecchio, arrivando nel 1927 all’ordinazione. Dopo quattro anni di ministero in Italia è destinato al Brasile, realizzando così il suo sogno di andare in missione. Si immedesimerà talmente nei problemi della sua gente, soprattutto dei poveri e dei giovani secondo il carisma proprio della sua congregazione, da poter ammettere di “sentirsi profondamente brasiliano”. “Il mio desiderio è fare sempre la volontà di Gesù. Lasciamogli prendere tutto quello che Lui vuole; la perfezione consiste nel compiere la sua santa Volontà, nel consegnarsi interamente a Lui”: è la sintesi della sua spiritualità e della sua predicazione. Per essere fedele a questo suo programma di vita accetta di buon grado le varie mansioni, dall’incarico di insegnante a quello di maestro dei novizi, dal ministero di parroco a quello di direttore e superiore provinciale. Eccelle però soprattutto nella direzione spirituale, perché la sua profonda spiritualità e la sua costante unione con Dio gli consentono di entrare in sintonia con le anime e guidarle con saggezza. Proprio in questa non facile missione gli è dato di seguire e formare un gruppo di ragazze brasiliane, orientate alla consacrazione religiosa. Con un lavoro di cesellatura e di grande saggezza le accompagna, fino a farle confluire nel ramo femminile del Murialdo che a metà del Novecento sta sorgendo in Italia. Le Murialdine brasiliane devono dunque a lui la loro fondazione e il loro sviluppo, perché egli continuerà a seguirle fino alla morte, con discrezione e prudenza.  Ad esse, come a quanti si affidano alla sua direzione spirituale, insegna la “vera devozione” a Maria, che per lui consiste “nell’amarla con tenerezza, nel lodarla con fervore, nell’invocarla con fiducia, nell’imitarla con diligenza e perseveranza”. “Aveva la forza dei santi, l’abbandono assoluto nelle mani di Dio e nella sua Provvidenza”, dicono i testimoni, che ricordano anche come “nonostante le molte attività, passava quotidianamente molte ore in preghiera e lasciava trasparire in chi lo avvicinava la presenza di Dio”. Come ogni santo della carità anche padre Giovanni ha qualche “difetto”: ama “troppo” Dio e le persone più povere, prega “tanto”, è creativo, operativo, paziente e prudente ma sempre in dosi eccessive. Per il resto, la sua santità passa attraverso la via della più assoluta normalità, come insegna: “La perfezione non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le piccole cose”. Si ammala a novembre 1966 e muore il successivo 27 gennaio. Per lui, convinto che “nulla è piccolo di ciò che è fatto per Dio e con il cuore grande”, è venuto il momento del riconoscimento ufficiale della sua vita santa, con la solenne beatificazione, celebrata lo scorso 28 ottobre, naturalmente in Brasile, a Caxias do Sul.