Se si considera il reale aumento del costo della spesa, non si tratta di un “caso”: le cifre - dai 20 ai 50 euro annuali per nucleo familiare, secondo Codacons - sono modeste a paragone con altri rincari. Se si considera il rumore che si sta facendo - soprattutto sul web - si ha la sensazione di doversi misurare con una colossale ingiustizia, perpetrata a danno degli italiani.
Parliamo dei nuovi obblighi che, dallo scorso 1° gennaio, riguardano le buste per la spesa, secondo quanto prevede il decreto Mezzogiorno, che a sua volta “recepisce la Direttiva Ue 2015/720”.
Che cosa cambia? Come spiega l’Ascom di Fossano in una nota, “tutte le buste per la spesa - quindi anche i sacchetti leggeri e ultraleggeri, come quelli che si usano per i prodotti ortofrutticoli - devono essere biodegradabili e compostabili e, inoltre, devono essere distribuiti esclusivamente a pagamento, con l’indicazione della voce distinta sullo scontrino”. Insomma, dall’inizio dell’anno, in qualunque punto vendita - dall’ortolano sotto casa al grande supermercato - anche il sacchetto per la frutta e la verdura, che peraltro dev’essere biodegradabile, si dovrebbe pagare, come avviene con le altre buste, quelle in cui si infila tutta la spesa: è l’interpretazione più “fedele” della legge, quella che l’Ascom ha abbracciato per tutelare i suoi associati, sebbene altri esercizi commerciali abbiano fatto scelte diverse come spieghiamo in seguito.
Non finisce qui. Non è possibile riutilizzare i sacchetti per fare la spesa un’altra volta, né portarsi da casa buste da impiegare al posto di essi, a meno che si tratti di “buste monouso nuove”; è vietato anche inserire in un solo sacchetto prodotti ortofrutticoli diversi.
Le nuove disposizioni puntano a ridurre la diffusione di borse di plastica che, com’è noto, costituiscono una minaccia per l’ambiente. Questo, peraltro, è un obiettivo cui si lavora da tempo.
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