La Corea di padre Gian Paolo Lamberto

Intervista al sacerdote centallese, missionario della Consolata nel paese asiatico dal 1992

Vive in un centro per il dialogo interreligioso a Daejeon con tre confratelli, uno italiano, un altro del Kenya e un altro ancora dal Mozambico; una città con un milione e mezzo di abitanti, mentre la capitale Seoul ne conta oltre dieci (e altri 13 milioni insieme a tutte le altre città che le sono collegate). In un Paese, la Corea del Sud, popolata quasi come l’Italia, su un territorio che raggiunge appena un terzo del nostro Paese! Una densità altissima, dunque, che determina “un cambiamento urbano continuo”, osserva padre Gian Paolo Lamberto, originario di Centallo e missionario della Consolata, in quella nazione dal 1992; “ti buttano giù qualcosa e ti fanno subito un posto per 5mila persone come niente”. Una presenza, quella dell’Istituto missionario di cui fa parte, che in Sud Corea ha anche altre due case di animazione missionaria e di presenza tra i più poveri (“che in questo momento sono i lavoratori stranieri”). Soggiornando in Italia tra i parenti, per le vacanze di Natale, da cui è ripartito lo scorso 31 gennaio, ci siamo fatti raccontare i vissuti di questo lontano Paese asiatico, che la visita di Papa Francesco nel 2014, le attuali minacce di attacchi nucleari nordcoreani e l’apertura delle Olimpiadi invernali 2018 hanno riportato alla ribalta della cronaca.

Raccontavi in una tua precedente intervista nel 2003 che la Chiesa coreana è ancora abbastanza chiusa; cosa intendi con questa espressione? 

C’è stato l’aumento di missionari locali, però la Corea è un Paese ancora centrato sui propri bisogni, invece di vedere quelli delle altre chiese. C’è comunque una maggiore apertura alle missioni estere, e poi molti preti “fidei donum”, preti che, come alcuni della nostra diocesi, sono andati in Mongolia (o in altre parti del mondo). Bisogna però ammettere che le vocazioni adesso stanno letteralmente crollando, perciò bisognerà fare i conti con numeri molto più piccoli. In questo momento nell’Istituto della Consolata sono rimasti sei missionari coreani più un diacono, che operano in altre Nazioni.

In un tuo scritto riportavi che la visita di Papa Francesco ha avuto risonanza sui media; continua ancora ad avere i suoi effetti? Che tipo di mezzi di informazione ci sono nel Paese e quale impatto hanno sulla società? 

Quello del Papa è stato un evento passato anche sulla tv nazionale! Anche se gli effetti si sono un po’ spenti. Ha dato comunque una bella immagine della Chiesa cattolica, e lui ha avuto un bell’impatto sulla popolazione tanto che a Daejeon c’è una via intitolata proprio a lui. In Sud Corea ci sono le tv nazionali, poi ce ne sono moltissime altre, oltre a quelle religiose (cattoliche, protestanti e buddiste). La gente guarda quest’ultime, anche se si tratta di un pubblico più anziano. Ad esempio alla tv cattolica fanno vedere Don Matteo (in italiano con i sottotitoli).

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