Sabato 7 luglio scorso le porte di palazzo Salmatoris si sono aperte per ospitare le opere di Livio Politano nell’antologica dal titolo “Segno e colore”, rassegna che compendia un po’ tutto il percorso artistico dell’artista di Beinette che qui vive adesso stabilmente dopo aver molto girato tra Piemonte Roma e Firenze.
Per me è sempre un piacere vedere i lavori di Livio anche perché posso dire con un certo orgoglio che proprio a Fossano è stato il suo esordio con una mostra personale (a due con Ezio Briatore) nell’ormai lontano 1964.
Adesso per lui è venuto il momento dell’approdo ad una sede aulica e prestigiosa come quella cheraschese dove viene presentato tutto il suo percorso artistico, con qualche integrazione raramente vista (di cui dirò), e con un bel catalogo illustrativo della rassegna.
Il tutto però con una stranezza: il percorso della mostra (ed il catalogo) partono dal momento più recente per scorrere a ritroso fino agli inizi (o quasi). nel 1964, appunto.
Quando la domenica successiva all’inaugurazione ho visitato la mostra ho seguito, naturalmente, il percorso di visita che viene suggerito; ma, nello scriverne, farò esattamente l’opposto partendo dagli esordi dei 1964 per procedere fino alle opere più recenti delle “Cittadelle”, anzi (come più mi piace) alle “Cittadelle sulle nuvole” (o se volete “Nuvole e Cittadelle”).
Nel primo periodo, dove aveva avuto la possibilità di entrare in contatto con gli artisti che vivacizzavano quella stagione artistica e che ruotavano attorno al critico Luigi Carluccio (da Tabusso a Saroni, da Francesco Casorati a Ruggeri, da Campagnoli a S Golosità del Monviso Barge 1807d.inddoffiantino, Scroppo e Chessa ed a tanti altri) e dopo aver conosciuto anche, sempre a Torino, Ego Bianchi, dipingeva in maniera figurativa ma molto materica.
Di quella stagione sono presenti in mostra due pezzi (datati proprio al 1964) e poi altri che mostrano il suo evolvere (suggestionato forse d Filippo Scroppo) verso forme di figurativo/astratto sempre più marcate che tento ad un astrattismo puro. La sua conoscenza con Orfeo Tamburi, che vive a Parigi, gli facilita la realizzazione nella capitale francese della prima mostra all’estero mentre la sua attenzione lo porta sempre più verso Spagna e Francia.
Poco più tardi per ragioni professionale si trasferisce a Roma e Firenze dove entra in contatto con Henry Moore, Ennio Turcato, Luigi Omiccioli, Virgilio Guidi, Marcello Avenali e tanti altri mentre i mercanti Giorgio Giorgi e Ettore Russo gli aprono spazi espositivi prestigiosi nelle due città e lo fanno entrare, a Roma, nel cenacolo degli artisti che si ritrovano la sera ai tavoli dell’osteria “da Meo Patacca” in Trastevere.
Proprio da questi incontri prendono avvio le mutazioni della sua espressività che dalle forme astratte (preferisco chiamarle “figurativo/astratte” perché il momento di avvìo è sempre la figurazione) su avviano pian piano a soluzioni che potremmo definire tra il simbolismo ed il surrealismo/futurismo (ma sempre intesi in maniera molto personale e che non dimentica mai le origini). Si lega al periodo iniziale anche la serie dei disegni dedicati agli amici del mondo della cultura ed alla grafica, presentati a Cherasco al primo piano nella manica lunga vicino al “Gabinetto del silenzio”: un gruppo di lavori che in passato avevo visto (scorniciati) in occasione di una visita al suo studio laboratorio ma che qui, naturalmente, acquistano un nuovo impatto e ci testimoniano della sua salta preparazione di base.
Da questo primo momento (presentato come detto al fondo della rassegna) che viene definito di “Figurazione e Sintesi”, si passa al periodo (a mio sommesso parere) più felice e maturo dell’esperienza di Politano che è quello delle “Carte gualcite” o degli “Stracci” o (come sono chiamate in mostra) delle “Pagine” o “Diari di immagini”. Sono gli Anni 70/80 del secolo scorso e sono quelli che più mi ricordano il Politano presente sulle scene espositive nazionali ed internazionali,tra Italia, Spagna e Francia ed in altre parti d’Europa.
Successivamente, negli Anni ‘90,è il tempo del “Nastri” per transitare poi ai cosiddetti “Percorsi futuristi”di inizio secolo per approdare poi alle surreali “Cittadelle” (che a me piace suddividere ancora in due momenti: “Cittadelle” prima e “Nuvole e cittadelle” poi, in attesa di ulteriori sviluppi possibili).
Quanto apprezzi il lavoro di Politano credo di averlo scritto a iosa e quindi, concludendo, riprendo dalla presentazione di Giorgio Barberis: “Partendo dall’ultimo decennio, ci narra come le ricerche espressive e sperimentali del primo e del secondo Novecento si siano condensate in lui, attraverso il segno ed il colore, in certezze e messaggi estetici sicuramente rivoluzionari anche se continuamente attraversati da simbolismi mutuati dalla classicità e dal buon dipingere”.
Ci sarebbe ancora un discorso da fare sulla sua capacità di padroneggiare ogni tipo di tecnica pittorica ma il discorso si farebbe lungo e magari anche tedioso ai più. Non mi resta da sottolineare altro che, pur andando alla continua ricerca evolutiva del suo discorso, Politano non ha mai perso di vista la figurazione e la buona pratica del disegno.
La mostra si può visitare fino a domenica 19 agosto dal giovedì alla domenica tra le 15 e le 19 (sabato e domenica anche dalle 9,30 alle 12,30). Una mostra da vedere.