Pietro Uccelli – 1

Testimoni del Risorto 22.08.2018

Il suo viaggio inizia nel 1874, sulle colline reggiane, e arriva fino in Cina, cioè nel luogo scelto per lui dal fondatore dei Saveriani, San Guido Conforti. Che forse non ha calcolato bene che, per un occidentale in Cina, l’ostacolo più grande è la lingua; o forse sì, ed è proprio per questo che ha mandato lui, ben sapendo che riesce a “predicare” ed a farsi capire semplicemente con il suo esempio. Pietro Uccelli arriva da una famiglia semplice e nel contempo intelligente, in cui il papà per vivere fa il calzolaio, ma in realtà eccelle soprattutto nel ruolo di primattore della locale filodrammatica ed è l’anima di tutte le attività che si organizzano nella frazione Barco del comune di Bibbiano, oggi più conosciuta come “culla del parmigiano-reggiano”. Forse anche per questo suo temperamento eclettico, accetta di buon grado la vocazione sacerdotale che matura nel figlio Pietro, che nel 1897 è ordinato prete e comincia a esercitare nella diocesi reggiana. La gente comincia a dire che “predica con il cuore” e accorre numerosa a sentirlo, tanto che le chiese non sono sufficienti ad accogliere tutti e, addirittura, le conversioni non mancano. Così, accanto a chi lo considera “una perla di prete”, crescono pure quelli che lo guardano di traverso con malcelata invidia. Anche perché si è messo in testa di predicare gratuitamente, senza pretendere il minimo compenso, fosse pure come rimborso delle sue spese vive, e se questo da un lato fa aumentare gli inviti da ogni parrocchia reggiana, dall’altro fa crescere la gelosia nei suoi confronti, tanto da fargli un giorno scrivere che “è una pillola un po’ amara, lavorare in quella maniera che le mie forze sì fisiche che intellettuali mi permettono senza pretendere neppure il becco di un quattrino e ricevere come compenso parole se non di disprezzo certo vuote di cristiana carità”. E poi c’è quella sua mania di parteggiare per i poveri, in modo così aperto e per qualche confratello addirittura un po’ sospetto, fino al punto di passare il proprio piatto con la minestra appena scodellata al primo che bussa in canonica; e l’impossibilità, anche per il papà, di fargli indossare un abito nuovo o almeno decente, perché appena glielo si regala c’è subito qualcuno più bisognoso cui regalarlo. In compenso la gente lo ama e lo considera “uomo di Dio” e ogni suo trasferimento da una parrocchia all’altra è fortemente osteggiato dai fedeli, che lo costringono il più delle volte a far le valigie di notte. Succede però che, dopo soli sette anni di ministero in diocesi, non solo non riescono a farlo disamorare della predicazione, ma addirittura gli fanno sognare quella “ad gentes”, il che significa poi desiderare di andare missionario. Un’idea che papà subito definisce “fantasiosa” e che ostacola per quanto può, mentre Pietro la coltiva anche grazie al vescovo Guido Conforti, fondatore dei Missionari Saveriani e oggi dichiarato santo, al quale da subito si lega con una profonda sintonia spirituale, a conferma che i santi di solito si attraggono e sostengono a vicenda e non sono quasi mai isolati e solitari. San Guido intravede in don Pietro la stoffa del missionario autentico, oltre alle tante altre belle qualità che la “vox populi” già gli ha riconosciuto, e pensa per lui la Cina, convinto che abbia gli strumenti adatti per fare breccia in Estremo Oriente, dove un occidentale potrebbe anche trovarsi come un pesce fuor d’acqua, a cominciare dalla lingua. Pietro, traboccante di entusiasmo e di buona volontà, addirittura euforico, arriva effettivamente in Cina nel 1906, dopo essersi preparato alla missione per due anni, alla scuola del Conforti. Scontate le difficoltà di destreggiarsi con la lingua, anche se alla fine sarà il saveriano che la conoscerà meglio di tutti, ma qui come ad ogni latitudine, “noi missionari abbiamo un bel dire e un bel predicare ai pagani, ma essi voglion vedere e toccar con mano, e solo allora ci credono”. Il padre Pietro si industria allora nel condividere la situazione della popolazione, attanagliata da malattie e fame; assalita dai briganti e in continuo pericolo di vita, con famiglie smembrate e ridotte in miseria perché gli uomini han dovuto fuggire e darsi alla macchia.  Sembra impossibile che, sempre con il pericolo dietro l’angolo, riesca a sfondare, unicamente facendo uso abbondante della dolcezza e della bontà, che ha già ampiamente sperimentato in patria.

(1 - continua)