La strana latifondista di Roata Chiusani

Margaria Macesi Celestina

Di lei, a Roata Chiusani, restava un ritratto e un nome: quel ritratto che, a inizio Novecento, ne aveva fissato i lineamenti fini, melanconici, leggermente distaccati e che se ne stava appeso anonimo nei locali dell’asilo; quel nome, Margaria, abbinato al nome dei Macesi, dipinto sulla facciata dell’asilo e che avrà fatto esclamare a più d’uno: “Chi eran costoro?”. Eppure, per Roata Chiusani, lei che in frazione alloggiava per “villeggiatura” appena pochi mesi all’anno, ha fatto davvero tanto. Ma andiamo con ordine: all’origine di questa storia, che è poi una storia a lieto fine che riscatta in qualche modo l’immagine dei latifondisti centallesi, c’è la famiglia Macesi, di origini nizzarde, che si stabilisce a Roata a inizio Ottocento e che qui inizia ad acquistare terreni e fabbricati, oltre ad iniziare a metà Ottocento la costruzione di quella che sarà la “Villa del Seminario”, ora casa Rabbia. La famiglia si estingue con Carolina, che va sposa a Giuseppe Margaria di Moretta, famiglia altrettanto illustre ed altrettanto ricca. Una delle loro figlie, Celestina, si trova così depositaria delle proprietà dei due ceppi e inizia a farne un uso intelligente con finalità sociali e benefiche. Da Torino, dove risiede, viene a villeggiare in quella che è la terra dei suoi nonni materni, abitando nella villa sopra ricordata, che ben presto diventa il quartier generale della sua carità verso i tanti poveri della zona. È don Fiandrino a testimoniare che Celestina Margaria “era tutta a tutti. Alla sua villa di Roata era un continuo andirivieni di poveri per essere soccorsi, di vecchi per essere ricoverati e di ammalati per essere curati. Infatti, teneva una piccola farmacia in casa e corrispondenza col dottore della famiglia, onde operare con previdenza. Si portava nei tuguri dei poveri, e se occorreva, puliva e fasciava le piaghe”. La chiesa parrocchiale, per i suoi ampliamenti e migliorie, in più di un caso può far affidamento sulla generosità delle famiglie Macesi e Margaria, ed alla fine ottiene in eredità i caseggiati prospicienti la chiesa stessa, recentemente abbattuti per far posto al centro comunitario. Anche il Seminario di Fossano viene beneficato (certamente su consiglio di don Fiandrino) dalla buona Celestina: alla di lei morte diventa erede della villa in cui lei abitava nelle sue soste a Roata, che a partire dal 1924 diventa luogo di villeggiatura per i chierici.

È però nel 1908 che Celestina Margaria compie il gesto che la farà passare alla “storia” di Roata Chiusani: aiuta don Fiandrino a fondare l’asilo parrocchiale, mettendo a disposizione una delle sue proprietà adiacenti la chiesa e dotando la nuova istituzione con vasti appezzamenti di terreno circostanti. In una nota manoscritta don Fiandrino ricostruisce il dialogo che intercorre tra lui e Celestina sulla necessità di un asilo d’infanzia per il bene dei fanciulli poveri della frazione, che si conclude con una promessa, tradotta in realtà già nei mesi successivi, visto che esattamente un anno dopo si può già inaugurare il nuovo asilo. La benefattrice, che fu certamente la più valida collaboratrice di don Fiandrino nei primi decenni del suo ministero a Roata, muore quasi improvvisamente il 29 marzo 1915 a Torino e qui viene sepolta, nella tomba di famiglia al cimitero monumentale, accanto ad altre tombe storiche come quelle di Silvio Pellico, Edmondo De Amicis e Luigi Morgari, tanto per citarne qualcuna. “Celestina Margaria si dovrà tenere come fondatrice dell’asilo infantile locale”, raccomandava don Fiandrino, disponendo che per lei “Roata Chiusani dovrà conservare grata memoria e profonda riconoscenza e venerazione”.