Cesca, un alleluia dalla testa ai piedi – 2

Mosso Cesca con le Gieffine

Cesca Mosso non dice di no neppure quando le chiedono di essere delegata delle Giovanissime, soltanto si assicura la partecipazione della presidente alle prime adunanze, proprio “perché devo tutto imparare”. È una presenza, tuttavia, che vuole limitata ai primissimi incontri, dopo i quali chiede di provare da sola, esigendo che in contemporanea la presidente vada in chiesa a pregare per lei. Perché lei ha cominciato a lavorare molto “con le ginocchia”: “L’adunanza vado a prepararla nella chiesa delle Benedettine, lì tutto è silenzio… e nella preghiera riesco a prepararmi”. Il che, naturalmente, non la mette al riparo “da certi pasticci… alle volte non riesco più ad andare avanti… ma il Signore vede che vorrei fare bene”.

È travolgente, fantasiosa, contagiosamente entusiasta nell’animazione delle sue “Giò” (diminutivo, all’epoca molto in voga, di Giovanissime) alle quali propone pellegrinaggi a Cussanio e a Fontanelle, la Via Crucis settimanale e l’adorazione mensile, momenti di festa sempre animati dalla sua fisarmonica. Tutto, naturalmente, all’insegna della parrocchialità, che è il suo chiodo fisso e in nome della quale sacrifica, anche se con fatica, la propria partecipazione alla messa del povero cui tiene molto, per essere accanto alle sue Giò alla messa parrocchiale che si celebra in contemporanea; oppure il clima raccolto della chiesa delle Benedettine, così adatto all’adorazione eucaristica che ritiene invece doveroso trasferire in parrocchia perché le sue Giò respirino maggiormente il clima parrocchiale. “Giullare del buon Dio” con la fisarmonica a tracolla, perennemente vegliata da Blick e Dik suoi inseparabili cani lupo che accucciati ai suoi piedi si sorbiscono intere adunanze, vanno con lei ai campeggi e aspettano pazientemente davanti alla chiesa che la padroncina vi termini le sue devozioni, Cesca si propone di essere “un alleluia dalla testa ai piedi” e tale vien dipinta dalle tante testimonianze, da cui emerge come anche con la gioia lei riesce a veicolare Gesù e il suo messaggio. Nel tentativo di realizzare, come tutte le coetanee, il suo sogno nel cassetto, si domanda se il Signore non la voglia alla Città dei ragazzi (dove don Gasparino la accoglierebbe a braccia aperte) o non piuttosto insieme a Maria Ravera tra le “Mamme missionarie” di don Viotti a Forno di Coazze.

Col progredire della sua vita spirituale, infatti, si fa strada in lei l’ansia missionaria di far conoscere e amare Gesù che a quei tempi l’Azione cattolica si preoccupava di diffondere con il vocabolo, oggi un po’ desueto, di “apostolato”: in Cesca è la molla che la fa diventare trascinatrice delle Gieffine; desiderosa di perfezione che non può accontentarsi di essere “buona… alla buona”; entusiasta e propositiva, ma continuamente attenta a “sempre edificare, mai demolire”; alla continua ricerca del progetto di Dio su di lei, che la fa scegliere: “non matrimonio, non suora, ma consacrata a Dio, Missionaria qui nel mondo”. Arriva a questa conclusione dopo esser venuta in contatto, nel 1952, con le Missionarie diocesane, una giovane famiglia fossanese di consacrate nel mondo, erede delle Cenacoline, fondate nel 1944 dal Servo di Dio don Stefano Gerbaudo. Invitata a partecipare alle loro attività, inizialmente “mi avevano fatto arricciare il naso”, precisa con la schiettezza che le è tipica, ai limiti della scortesia, “perché avevo paura che fossero… pepie”.

Ironia della sorte, sono invece proprio queste a diventare la sua seconda famiglia, perché le basta conoscerle per innamorarsi perdutamente della loro spiritualità e della loro missione, che Cesca in effetti già vive, forse in modo inconsapevole, ma sicuramente pieno. “La mia vita non ha senso se non è donazione” ripete, quasi facendosi eco della spiritualità già vissuta una decina di anni prima, fino alle estreme conseguenze, da don Gerbaudo: anche dalla sua stanza spariscono oggetti, arredi e perfino il materasso per andare a beneficare qualche povero; anche dai suoi armadi e dalla sua persona scompaiono abiti che da un giorno all’altro si vedono indosso a qualche bisognoso.

(2 - continua)