In preghiera per i missionari martiri

Alle 18 di sabato 23 marzo in Cattedrale a Fossano. Nel 2018 quaranta le persone uccise in “odio alla fede” nel mondo

Il 24 marzo si celebrerà la 27ª Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, a 39 anni dall’assassinio di mons. Oscar Romero, proclamato santo nell’ottobre dello scorso anno. Il Centro Missionario di Fossano ricorderà i missionari martiri con una Veglia di preghiera sabato 23 marzo alle 18 in Cattedrale, prima della messa prefestiva.

La Giornata è nata nel 1993 per iniziativa dell’allora Movimento Giovanile Missionario, diventato oggi Missio Giovani che, sotto l’egida della Fondazione Missio, anima per la Chiesa italiana questo speciale evento di preghiera per ricordare tutti i testimoni del Vangelo uccisi in varie parti del mondo.
Nel 2018 c’è stato purtroppo un aumento di persone uccise in “odio alla fede”: sono quaranta (35 sacerdoti, 4 laici e 1 seminarista), circa il doppio rispetto allo scorso anno, gli operatori pastorali che hanno perso la vita per amore di Dio, come riporta l’annuale rapporto dell’Agenzia Fides della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. In Africa sono stati uccisi 19 sacerdoti, 1 seminarista e 1 laica (21), in America 12 sacerdoti e 3 laici (15), in Asia 3 sacerdoti, in Europa 1 sacerdote.

Usiamo il termine “missionario” per tutti i battezzati, consapevoli che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (EG 120). Del resto, l’elenco annuale di Fides ormai da tempo non riguarda solo i missionari “ad gentes” in senso stretto, ma cerca di registrare tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa morti in modo violento, non espressamente “in odio alla fede”. Per questo si preferisce non utilizzare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro.

Anche quest’anno molti missionari hanno perso la vita durante tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti sociali di povertà, di degrado, dove la violenza è regola di vita, l’autorità dello stato latita o è indebolita dalla corruzione e dai compromessi, o dove la religione viene strumentalizzata per altri fini. Ad ogni latitudine sacerdoti, religiose e laici condividono con la gente comune la stessa vita quotidiana, portando la loro testimonianza evangelica di amore e di servizio per tutti, come segno di speranza e di pace, cercando di alleviare le sofferenze dei più deboli e alzando la voce in difesa dei loro diritti calpestati, denunciando il male e l’ingiustizia. Anche di fronte a situazioni di pericolo per la propria incolumità, ai richiami delle autorità civili o dei propri superiori religiosi, i missionari sono rimasti al proprio posto, consapevoli dei rischi che correvano, per essere fedeli agli impegni assunti.

Il tema scelto quest’anno, “Per amore del mio popolo non tacerò” (cfr. Isaia 62,1), è ispirato alla testimonianza di Oscar Romero, “el santo de America”, e vuole esprimere la piena consapevolezza che amare Dio significa amare i propri fratelli, significa difenderne i diritti, assumerne le paure e le difficoltà. “Per amore del mio popolo non tacerò” significa agire coerentemente alla propria fede. In quanto cristiani, discepoli missionari, portatori della Buona Notizia di Gesù non possiamo tacere di fronte al male. Farlo significherebbe tradire il mandato che ci è stato affidato.