Il mangiatore di pietre

Il mangiatore di pietre

Di Nicola Bellucci; con Luigi Lo Cascio, Vincenzo Crea, Bruno Todeschini, Ursina Lardi, Leonardo Nigro, Peppe Servillo.

Con un passato da giocatore di basket e un presente da romanziere e docente di scrittura creativa alla scuola Holden di Torino, Davide Longo firma il soggetto de “Il mangiatore di pietre” primo film di finzione del documentarista Nicola Bellucci liberamente tratto dall’omonimo romanzo (edito in Italia da Marcos Y Marcos) dello scrittore carmagnolese.
Presentato nell’autunno 2018 al festival di Torino e ora finalmente in sala (anche se con la miseria di otto copie, 8!, in tutta Italia) “Il mangiatore di pietre” lo si potrebbe definire come una sorta di etno-thriller, un’interessante commistione tra cinema di genere e documentario etno-antropologico.
Ex contrabbandiere e “spallone” di merci e persone, Cesare (un intenso Luigi Lo Cascio) trova lungo un impervio sentiero di montagna il cadavere di Fausto che in passato egli stesso aveva introdotto al contrabbando ma da cui si era poi separato quando Fausto aveva deciso di trasportare anche droga, scelta che Cesare non condivideva.
Inizialmente sospettato dell’omicidio, Cesare conquista la fiducia del commissario Sonja di Meo (Ursina Lardi) decidendo tuttavia di avviare autonomamente una propria ricerca convinto che gli assassini di Fausto siano i trafficanti di droga che in passato avevano commissionato dei trasporti al suo amico e rivale.
Attento e preciso nella descrizione degli ambienti e dei paesaggi così come nel tratteggio della gente di montagna, Bellucci non risulta altrettanto bravo né nella costruzione dello storytelling né nel ritmo complessivo del film che risulta a tratti troppo lento nello svolgersi dell’azione ed eccessivamente criptico nello sviluppo dell’intreccio e, a dispetto di un potenziale narrativo importante (il tema del confine e della frontiera, il tema dell’amicizia virile, il dramma dei migranti, la droga…), il film pare un’occasione colta soltanto a metà.